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Categoria: Centro Studi Confindustria Emilia-Romagna

  • CONGIUNTURA IN EMILIA-ROMAGNA |  ANALISI E PREVISIONI DI UNIONCAMERE REGIONALE, CONFINDUSTRIA REGIONALE E INTESA SANPAOLO

    CONGIUNTURA IN EMILIA-ROMAGNA | ANALISI E PREVISIONI DI UNIONCAMERE REGIONALE, CONFINDUSTRIA REGIONALE E INTESA SANPAOLO

     

    Confindustria Emilia-Romagna: Ancora positivo il clima di fiducia delle imprese ma ridimensionato rispetto a metà 2021. Il conflitto russo-ucraino impatterà certamente sull’economia regionale. La bolletta energetica per l’industria regionale, che a metà febbraio avevamo previsto di 4 miliardi di euro rispetto ai 700 milioni del 2019, è stimata ora di 5,5 miliardi
     

    Unioncamere Emilia-Romagna: I numeri del 2021 che raccontano di un incremento del PIL senza precedenti devono fare i conti con l’aumento dei costi produzione legati all’approvvigionamento di energia e ora con la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Occorre adoperarsi per tenere accesi i motori del sistema produttivo, dando supporto alle imprese più colpite e accompagnare i territori nelle transizioni attese: digitale, demografica, ambientale ed energetica
     

    Intesa Sanpaolo: Il volume dei prestiti alle imprese resta stabile rispetto al livello raggiunto a fine 2020. Prestiti all’industria ancora leggermente in crescita e consistenza ai massimi dal 2012. Resta sostenuta la dinamica dei depositi

     

    Nella foto, da sinistra a destra:
    Pietro Ferrari, Presidente Confindustria Emilia-Romagna
    Alberto Zambianchi, Presidente Unioncamere Emilia-Romagna
    Cristina Balbo, Direttrice Regionale Emilia-Romagna e Marche Intesa Sanpaolo

  • L’INDUSTRIA DELL’EMILIA-ROMAGNA E IL CARO ENERGIA: LA BOLLETTA ENERGETICA DA 700 MILIONI DI EURO NEL 2019 A 4 MILIARDI NEL 2022

    L’INDUSTRIA DELL’EMILIA-ROMAGNA E IL CARO ENERGIA: LA BOLLETTA ENERGETICA DA 700 MILIONI DI EURO NEL 2019 A 4 MILIARDI NEL 2022

     

    Le imprese industriali dell’Emilia-Romagna e il caro energia: la bolletta energetica da 700 milioni di euro nel 2019 a 4 miliardi nel 2022

    Confindustria Emilia-Romagna compie 50 anni e fotografa i cambiamenti sociali ed economici dal 1972 ad oggi

     

    Bologna, 16 febbraio 2022 –  L’industria dell’Emilia-Romagna prosegue il trend di crescita, ma i segnali di rallentamento di fine 2021 sono aggravati da uno scenario che si presenta particolarmente incerto. I costi dell’energia e delle materie prime, l’andamento dei prezzi e il contesto geopolitico in peggioramento mettono a serio rischio il percorso di risalita del PIL avviato lo scorso anno.

    I settori industriali che risentono maggiormente del caro energia sono quelli che producono beni finali, la cui domanda è ancora debole, e quelli energivori come ceramica, alimentare, chimica, metallurgia, legno e carta. Anche le aziende con solidi portafogli ordini avranno quest’anno margini operativi in forte contrazione, quando non del tutto azzerati. La situazione è difficile soprattutto per i settori più colpiti dagli effetti del Covid-19, in particolare il turismo, il commercio al dettaglio, il trasporto aereo, l’intrattenimento e la ristorazione, che faticano a intravedere segnali di ripresa.

    Circa l’emergenza sanitaria, gli imprenditori dell’Emilia-Romagna ritengono che ci siano le condizioni per uscire finalmente da questa fase secondo quanto programmato al termine dello stato di emergenza.  «Confido che a breve si possa riprendere con la piena normalità − auspica il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari e passare dall’emergenza alla prudenza, mantenendo sempre costante l’attenzione e la verifica dei dati sanitari. In questi mesi abbiamo strutturato la macchina dell’emergenza, sia per quanto riguarda la capacità vaccinale, intesa come produzione, approvvigionamento e distribuzione dei vaccini, sia per la gestione del Green Pass, con le inevitabili difficoltà dei periodi di maggiore pressione. Se in autunno si dovesse sfortunatamente ripresentare una situazione critica avremo la strumentazione pronta per gestirla in modo efficace».

    L’impennata della quotazione del gas a livello nazionale si è rapidamente trasferita sul prezzo dell’energia elettrica facendo lievitare i costi energetici delle imprese industriali in Italia: da 8 miliardi di euro nel 2019 a 37 previsti per il 2022.

    Gli imprenditori di Confindustria Emilia-Romagna stimano che la bolletta energetica dell’industria regionale, che era di 700 milioni di euro nel 2019, sarà di 4 miliardi nel 2022.

    Il consumo di energia in Emilia-Romagna è ripartito tra l’industria (30% dei consumi finali totali), i trasporti (29%), il settore residenziale (20%) e i restanti settori tra i quali agricoltura e servizi.

    Il settore industriale assorbe il 47% dei consumi regionali di energia elettrica. Il 70% dei consumi industriali di energia è coperto da energia termica, il 30% da energia elettrica. Il principale combustibile impiegato ad uso termico nel settore industriale è il gas naturale (95%), mentre GPL e olio combustibile pesano per meno del 3%. Le fonti termoelettriche contribuiscono per circa l’85% alla generazione di energia elettrica, i cui impianti sono alimentati a gas per il 65%. Si può quindi stimare che il consumo di energia del settore industriale dell’Emilia-Romagna sia coperto per l’83% attraverso il gas naturale.

    «Dobbiamo rendere il nostro sistema energetico il più efficiente possibile − dichiara il Presidente regionale degli industriali Ferrari – e meno in balìa delle dinamiche dei prezzi e delle tensioni geopolitiche, partendo da un mix virtuoso delle fonti di approvvigionamento. Nel Patto per il Lavoro e per il Clima sottoscritto a fine 2020 con la Regione abbiamo condiviso l’obiettivo di accelerare la transizione ecologica, raggiungendo la decarbonizzazione prima del 2050 e il 100% di energie rinnovabili entro il 2035. Se vogliamo cogliere questo ambizioso traguardo, ancora molto lontano, non possiamo più rinviare scelte chiare in questa direzione, con pragmatismo e senza preconcetti».

    L’energia da fonti rinnovabili contribuisce oggi in Emilia-Romagna al 15% del totale dei consumi energetici. La capacità installata di produzione energetica dalle fonti “green” non è aumentata dal 2015 al 2020. Anche l’utilizzo della fonte idroelettrica è stabile da decenni, totalmente marginale il ricorso all’eolico, azzerati gli impianti di produzione di biometano.

    Secondo gli industriali è necessario affrontare urgentemente le ragioni di questo stallo − che non sembra dovuto ad una carenza di investitori − e intervenire per modificare il quadro regolatorio di riferimento. Negli ultimi mesi si è verificata una moderata ripresa delle autorizzazioni di nuovi impianti fotovoltaici, in particolare in alcune aree della regione: anche il tema dell’omogeneità della pianificazione territoriale è oggi di assoluta rilevanza.

    «L’aggiornamento del Piano Energetico regionale − sottolinea il Presidente Ferrari sarà un’occasione importante di confronto con la Regione per trovare coerenza tra obiettivi, politiche di sostegno, norme e procedimenti amministrativi. Dobbiamo poter contare su anni di intense politiche di investimento pubbliche e private nella capacità di produzione di energie rinnovabili sull’intero territorio regionale».

    Nel Decreto legge “Recovery” approvato a fine 2021 il Governo si è impegnato ad individuare entro 180 giorni i criteri per la localizzazione delle aree per gli impianti da fonti rinnovabili, sulla base dei quali le Regioni avranno altri 180 giorni per identificare le aree. Si tratta, secondo gli industriali dell’Emilia-Romagna, di un termine perentorio su cui iniziare a lavorare da subito. Già dal 2010 il Governo aveva dato questo onere alle Regioni, ma poco è cambiato da allora in termini di investimenti. Secondo le analisi di Confindustria l’iter autorizzatorio per gli impianti di produzione da fonti rinnovabili, incluso l’allacciamento alla rete elettrica, è mediamente di 109 mesi (9 anni) a livello nazionale.

    Per quanto riguarda invece il gas naturale, è indispensabile ridurre la dipendenza dai mercati di importazione recuperando il gap di produzione interna, che ha visto il nostro Paese scendere a soli 4 miliardi di metri cubi estratti, circa un quarto rispetto a vent’anni fa.  Oggi il gas estratto in Italia rappresenta solo il 4% del totale del fabbisogno nazionale, ma può raddoppiare in 18-24 mesi.

    «Il gas naturale – conferma il Presidente di Confindustria regionale Ferrari – è fondamentale per l’industria emiliano-romagnola e continuerà ad esserlo per molti anni anche nel processo di transizione. Dobbiamo aumentare rapidamente la produzione nazionale e intervenire in modo incisivo per mitigare l’impatto sui settori più colpiti. È importante diffondere il più possibile la produzione di biometano, anche tramite accordi di filiera, specie nel settore ceramico e alimentare, con prezzi concordati e certificazione di provenienza. Con il “Decreto sostegni ter” il Governo ha compiuto un primo passo, non risolutivo, per affrontare gli effetti devastanti del costo dell’energia elettrica per il sistema manifatturiero del Paese. Ora occorre affrontare con urgenza anche il problema del costo del gas, che sta mettendo alle corde le imprese con ciclo termico che esportano sui mercati mondiali, come quelle del comparto ceramico».

    Gli imprenditori dell’Emilia-Romagna ritengono inefficiente la prospettiva di distribuire a pioggia 4-5 miliardi di euro per ridurre al margine il costo del gas.  Per non mettere fuori mercato intere filiere industriali sarebbe molto più utile concentrare un mix di azioni nelle filiere a maggior consumo di gas. Una possibile soluzione è agevolare l’incremento della produzione nazionale di gas da destinare alle imprese industriali, senza nuove perforazioni e senza aumento delle emissioni di CO2 perché sarebbe in sostituzione di gas importato, prevedendo misure anticipatorie che garantiscano un ristoro immediato.

     


     

    In occasione dell’incontro con la stampa il Presidente regionale degli industriali ha annunciato che quest’anno ricorre il Cinquantennale di Confindustria Emilia-Romagna e ha presentato alcuni numeri di confronto tra l’Emilia-Romagna di oggi e quella del 1972.

    «Nel 2022 − ha concluso il Presidente Pietro Ferrariricorrono i 50 anni dalla fondazione di Confindustria Emilia-Romagna, costituita a Bologna il 23 febbraio 1972. Come due anni fa con il Progetto Traiettoria 2030, abbiamo deciso di guardare indietro per comprendere come sia cambiata la nostra regione e in quale direzione stia andando. I grandi trend dello sviluppo e del cambiamento vengono da lontano e dobbiamo esserne consapevoli quando progettiamo il futuro. Tanto più in un momento in cui siamo chiamati a costruire le grandi transizioni verso il domani: quella digitale, della mobilità, della sostenibilità e dell’energia».

    Il percorso di attività che accompagnerà il sistema regionale Confindustria nel corso dell’anno prenderà avvio da un’analisi dei cambiamenti dell’Emilia-Romagna dal punto di vista demografico, geografico, sociologico ed economico dal 1972 al 2022.

    Alcuni primi dati di sintesi: la popolazione è passata da 3,8 milioni a 4,4 milioni, la popolazione straniera dallo 0,4 al 13% dei residenti, il tasso di attività dal 64% al 73%. Il PIL pro capite da 16 mila euro a 34 mila euro, anche se con un trend in diminuzione dal 2008, come a livello nazionale. Se nel 1972 la percentuale di emiliano-romagnoli senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare era il 74%, oggi è il 20%. Diplomati e laureati rappresentavano complessivamente l’8,6% della popolazione negli anni 70, oggi sono il 44%. Siamo passati da 26 a 66 vetture per 100 abitanti e da 1,3 a 3,3 milioni di autoveicoli in circolazione. Di contro, la rete stradale in km è aumentata circa del 26%, le autostrade erano 560 km nel 1972 e oggi sono 650 km.

     

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA  |  SITUAZIONE E PROSPETTIVE SECONDO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA | SITUAZIONE E PROSPETTIVE SECONDO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO

     

    Confindustria Emilia-Romagna: Clima di fiducia molto positivo, con previsioni di crescita di produzione e ordini. Restano da affrontare nodi strutturali come riforme, infrastrutture e gestione ponderata della transizione energetica. Serve un impegno straordinario per accompagnare gli investimenti pubblici e privati, a partire dall’attuazione del PNRR

    Unioncamere Emilia-Romagna: Digitale, formazione, ricomposizione delle filiere, presenza sui mercati esteri: a questi aspetti si lega la competitività. Dal rapporto virtuoso tra imprese e territorio, radicato in Emilia-Romagna, e dalla capacità di declinarlo su questi elementi, deriva la possibilità di dare continuità alla ripresa

    Intesa Sanpaolo: prosegue il trend di crescita dei prestiti, dinamiche uniformi tra piccole e grandi imprese. Sostegno a digitalizzazione e transizione green tra le priorità da sostenere, con un ruolo strategico per le filiere regionali

    Bologna, 16 settembre 2021

  • L’indagine semestrale di Confindustria Emilia-Romagna – Analisi e previsioni 2° semestre 2021

    L’indagine semestrale di Confindustria Emilia-Romagna – Analisi e previsioni 2° semestre 2021

    Il primo semestre 2021

    Presentata la congiuntura economica di Confindustria Emilia-Romagna che fa il punto sul primo semestre del 2021 e analizza le aspettative degli imprenditori per il secondo semestre dell’anno.

    Per quanto riguarda i primi sei mesi, è stato registrato un forte rimbalzo dell’economia regionale rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente, sia nel settore manifatturiero, sia nel settore dei servizi alle imprese.

    L’export rimane il vero punto di forza della nostra economia: nel periodo gennaio-giugno 2021 l’Emilia-Romagna ha esportato beni e servizi per 35,4 miliardi di euro, 7 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2020 e 2,2 miliardi in più rispetto al primo semestre 2019. L’export regionale registra una crescita del 24,4% rispetto al primo semestre 2020, meglio di Lombardia (+22,6%) e Veneto (+23,8%) e media nazionale (+24,2%) e una crescita del 6,6% rispetto al primo semestre 2019, superando i livelli di export pre-pandemia.

    Secondo semestre 2021

    Per quanto riguarda il semestre in corso, le aspettative degli imprenditori sono molto positive, con saldi fra ottimisti e pessimisti mai registrati in precedenza. Poco più di un imprenditore su due si aspetta un aumento della produzione nella seconda metà del 2021, con un saldo ottimisti-pessimisti di +46 punti. Non molto diverse le attese riguardo l’andamento della domanda totale, per la quale il 49,1% delle imprese intervistate si attende un aumento, con un saldo ottimisti/pessimisti pari a +41 punti (era a -1 a metà 2020). Positivi ma più contenuti i giudizi sugli ordini provenienti dall’estero. Per quanto riguarda l’occupazione il 71,4% delle imprese non si attende variazioni entro fine anno, con un saldo ottimisti/pessimisti positivo e pari a +19 (era -12 a metà 2020).

    L’ottimismo coinvolge tutte le imprese, a prescindere dalla dimensione, con qualche differenza più marcata rispetto agli andamenti della domanda estera e del mercato del lavoro, ambiti nei quali le grandi imprese sono più ottimiste delle medio-piccole. Per la domanda estera i saldi sono +18 per le piccole, +37 per le medie imprese e +38 per le grandi. Per l’occupazione più ottimiste le grandi imprese (+26 punti il saldo) rispetto alle medie (+22 punti) e alle piccole (+16 punti).

  • LE IMPRESE INDUSTRIALI DELL’EMILIA-ROMAGNA CONTINUANO AD INVESTIRE ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ

    LE IMPRESE INDUSTRIALI DELL’EMILIA-ROMAGNA CONTINUANO AD INVESTIRE ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ

     

    Bologna, 18 maggio 2021  –  L’Indagine sugli investimenti delle imprese industriali dell’Emilia-Romagna, realizzata da Confindustria Emilia-Romagna insieme alle Associazioni e Unioni Industriali della regione, evidenzia una forte attitudine al cambiamento del sistema industriale dell’Emilia-Romagna, che ha intrapreso un percorso di sviluppo e crescita sempre più all’insegna della sostenibilità.

    Le imprese hanno investito il 6,6% del fatturato, in particolare con interventi di natura organizzativa e gestionale come ICT e formazione. Rispetto a 10 anni fa è triplicata la percentuale di aziende che ha investito in sviluppo sostenibile: nel 2010 era il 20%, nel 2020 il 58% delle imprese ha realizzato investimenti di sostenibilità ambientale e sociale.

    «La pandemia non ha paralizzato l’economia regionale − dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari − e le imprese hanno continuato ad investire, con una chiara traiettoria di evoluzione verso una sempre maggiore sostenibilità. Una scelta che sta entrando sempre più strutturalmente nelle strategie di crescita delle aziende, a prescindere dalla dimensione. La veloce ripartenza di metà 2020, dopo i fermi produttivi della primavera, è stata la conferma di una manifattura resistente e attrezzata a gestire situazioni di forte criticità.  

    Per il 60 per cento delle aziende aumentare il grado di sostenibilità sarà una priorità di investimento anche nel 2021. Gli obiettivi del Patto per il Lavoro e per il Clima in termini di decarbonizzazione ed energie rinnovabili sono molto ambiziosi: li abbiamo condivisi, ma senza una regolamentazione, normative chiare e strumenti finanziari per la transizione energetica rischiano di restare enunciazioni di principio.

    Il 2021 è un anno di svolta. Accanto ai piani di vaccinazione, indispensabili per superare la crisi sanitaria –  sottolinea il Presidente Ferrari − sarà fondamentale la piena e coerente attuazione del PNRR-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Questo massiccio programma di investimenti e riforme avrà un ruolo chiave per la ripartenza del Paese sia per l’impatto diretto degli investimenti pubblici sia per accelerare gli investimenti privati.  Gli investimenti privati e pubblici, infatti, devono coesistere, perché i soli investimenti dello Stato non bastano per rilanciare la crescita: le infrastrutture e le riforme, pur necessarie e indispensabili, non sono sufficienti a creare strutturalmente benessere e lavoro. Le imprese hanno sostenuto lo sviluppo e l’occupazione del nostro Paese e stanno continuando a farlo.  Il PNRR dovrebbe indirizzare la maggior quota possibile di risorse ad accompagnare ed accelerare gli investimenti delle imprese».

    Nel corso del 2020 oltre l’87% delle aziende ha realizzato investimenti, con una contrazione del -1,1% rispetto al 2019.  

    La pandemia ha comportato una revisione dei piani di investimento per l’esigenza di adattare le organizzazioni al mutato contesto esterno: chiusura forzata di molte attività, ridotta mobilità delle persone, norme di distanziamento sociale, cambiamenti indotti nell’organizzazione del lavoro, importanti interventi pubblici in ambito monetario e fiscale. Le scelte di investimento delle imprese si sono concentrate principalmente su investimenti in ICT (51,9%), formazione (48,8%) e in ambito produttivo (ricerca e sviluppo 45,0% e linee di produzione 39,9%).

    La dimensione aziendale è un fattore discriminante per la capacità di far fronte alla crisi. Le piccole imprese evidenziano maggiori criticità rispetto alle medio-grandi: una su cinque non ha effettuato investimenti nel 2020, a causa dei cali di fatturato che hanno portato a rivedere i  programmi di investimento.

    Le previsioni per il 2021 sono all’insegna di una moderata cautela: le imprese che prevedono di effettuare investimenti sono oltre l’87%, in linea con la chiusura del 2020.  Le strategie di crescita vedono una prevalenza di investimenti in formazione, ricerca e sviluppo e tutela ambientale. Si confermano gli investimenti in ICT, linee di produzione e per lo sviluppo sui mercati esteri.

    Per quanto riguarda i fattori di ostacolo alle decisioni di spesa, gli aspetti congiunturali collegati all’incertezza sui tempi di superamento della crisi sanitaria rappresentano l’elemento più condizionante. Tra i fattori strutturali la burocrazia torna ad essere il principale ostacolo, segnalata dal 32,5% delle imprese, seguito dalle criticità legate alle risorse finanziarie e umane.

    Il focus sulla sostenibilità − che si avvale anche di un commento da parte di Prometeia − dimostra come lo sviluppo sostenibile sia ormai pienamente inserito nelle strategie delle imprese.  Se nel 2010 era quasi identica la percentuale di imprese che dichiarava di avere intrapreso volontariamente una politica sostenibile e di quelle che lo facevano per adeguarsi alla normativa vigente, ora le aziende che lo fanno in modo volontario sono il doppio delle altre.

    Mentre le grandi aziende erano indirizzate lungo una logica di sviluppo sostenibile già nel 2010, le PMI hanno invece cambiato marcia nell’ultimo decennio.

    Le motivazioni economiche ad investire in sostenibilità evidenziano come il tema stia diventando sempre più rilevante nelle politiche di sviluppo aziendale: i fattori che riscontrano la maggior frequenza di risposte sono rilevanza strategica, riduzione dei costi e miglioramento della reputazione verso i clienti e i fornitori. Oggi ha acquisito grande importanza anche la ricerca di consenso sociale, considerata dieci anni fa scarsamente rilevante.

    I principali ostacoli ad investire in sostenibilità sono i costi di adeguamento, sia dei processi sia dei prodotti − richiamati in particolare dalle grandi imprese − e la burocrazia.

    Strategico è l’investimento in conoscenza: oltre l’80% delle imprese prevede di accompagnare le scelte legate alla sostenibilità con adeguamento e crescita delle competenze del personale interno all’azienda. Al crescere della dimensione aziendale cresce la previsione di investire nell’acquisizione di tecnologie specifiche e nell’assunzione di nuove figure professionali.

    L’analisi ha messo a confronto due anni particolari: il 2010, anno di post crisi dopo il crollo mondiale del 2018, e il 2020 che rimarrà nella storia come l’anno della pandemia. In questo decennio l’industria dell’Emilia-Romagna ha vissuto un percorso di trasformazione, riqualificazione e rafforzamento competitivo che ha restituito imprese più solide e robuste, specie dal punto di vista del rafforzamento patrimoniale, e ha coinvolto tutte le aziende, soprattutto le medie e grandi, portandole verso condizioni di maggiore equilibrio rispetto al passato.

    L’Indagine sugli investimenti delle imprese industriali dell’Emilia-Romagna, giunta quest’anno alla ventiduesima edizione, ha coinvolto 450 imprese (61% piccole, 31% medie e 6% grandi), con un giro d’affari di 16,5 miliardi di euro e 51 mila addetti. Per la prima volta l’indagine, tradizionalmente manifatturiera, include anche imprese dei servizi.

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA marzo 2021 |  SITUAZIONE E PROSPETTIVE SECONDO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA marzo 2021 | SITUAZIONE E PROSPETTIVE SECONDO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO

     

    Confindustria Emilia-Romagna: Aspettative di crescita per produzione e ordini: il sistema produttivo regionale mostra capacità di reazione e dinamismo. Per dare slancio alla ripresa occorre accelerare la campagna vaccinale, anche con il supporto delle imprese, e partire subito con gli investimenti pubblici e privati in infrastrutture, ambiente e energia

    Unioncamere Emilia-Romagna: La leva per uscire dall’emergenza è la coesione tra le forze in campo in grado di interconnettere azioni coerenti sia con il piano per la ripresa nazionale, sia con la visione dell’Emilia-Romagna del futuro. Accanto a “politiche passive” necessarie per contenere il disagio, occorrono “politiche attive” mirate ad accompagnare le imprese a ripartire. Ci attendono mesi decisivi. C’è bisogno del contributo di idee e competenze di tutti e di tanto lavoro

    Intesa Sanpaolo: I prestiti alle imprese continuano a crescere, con una forte accelerazione nel secondo semestre 2020. La dinamica sostenuta dalle erogazioni con garanzia pubblica. Fondamentale, per agganciare la ripresa, il ripristino degli investimenti

     

  • LE PROPOSTE DI CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA PER LA RIPARTENZA DELLA REGIONE E DEL PAESE

    LE PROPOSTE DI CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA PER LA RIPARTENZA DELLA REGIONE E DEL PAESE

     

    Confindustria Emilia-Romagna ha lanciato 25 proposte per la ripartenza e lo sviluppo della regione collegate al Progetto Traiettoria 2030, riprogettate in seguito alla crisi sanitaria ed economica conseguente al Covid-19.

    Traiettoria 2030, promosso insieme a tutte le Associazioni Industriali dell’Emilia-Romagna, Ance Emilia-Romagna e Confindustria Ceramica, ha individuato le priorità per rendere l’Emilia-Romagna più competitiva partendo da un’analisi − realizzata con la collaborazione scientifica di Prometeia − in base a quattro pilastri: benessere e qualità della vita, capitale umano, imprese e innovazione, reti internazionali.

    La crisi sanitaria ed economica conseguente alla pandemia ha disegnato uno scenario di recessione internazionale senza precedenti su tutti i fronti (PIL mondiale – 3,4%; Italia – 8,5%; Emilia-Romagna – 7,0%).  I tanti interventi per la ripresa di cui si sta discutendo, a partire dal Recovery Fund, presentano incognite importanti in termini di entità economica e realizzabilità concreta.

    «Dobbiamo, in questo contesto di forte incertezza − ha dichiarato il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari –   cercare di cambiare le potenzialità di crescita del nostro Paese.  La gravità della situazione è tale che non abbiamo margine di errore. Dobbiamo pensare ad una strategia di medio e lungo termine e investire nelle aree strategiche capaci non solo di riaccendere il motore della crescita, ma anche costruire uno sviluppo duraturo. Dobbiamo investire in modo intelligente le risorse che, mai come oggi, i vari livelli di governo metteranno a disposizione. Le imprese sono pronte a lavorare con la Regione per aiutare il Governo a costruire la strategia e la progettualità per la futura programmazione europea a partire dal Recovery Fund».

    «Una regione come l’Emilia-Romagna, che ha performance migliori del resto del Paese − ha aggiunto il Vice Presidente di Confindustria regionale Alessandro Curti  – ha un onere doppio: contribuire con un ruolo da traino allo sviluppo del Paese e allo stesso tempo accelerare ulteriormente per non perdere terreno rispetto alle regioni più competitive con cui ci confrontiamo tutti i giorni sui mercati».

    Da tutto ciò scaturiscono le 25 proposte di policy degli industriali dell’Emilia-Romagna, con alcuni interventi di effetto immediato da attuare subito e altri di carattere più strutturale che si inseriscono in una visione di medio-lungo periodo.

    Le linee strategiche su cui lavorare sono: semplificazione, innovazione e digitalizzazione, e sostenibilità.

    Innanzitutto occorre agire complessivamente attuando una vera e propria azione di semplificazione amministrativa per agevolare l’attività delle imprese, rilanciare tutto il potenziale di crescita dell’economia, liberando le energie positive del territorio.  Bisogna togliere e non aggiungere, come indicato nel recente documento di proposte di Confindustria e Ance regionali, perché non serve fare una legge di semplificazione per semplificare.

    L’innovazione è un forte driver per la crescita: la ripresa delle attività produttive è l’occasione per accelerare il processo di trasformazione digitale del Paese e dei territori.  La Regione deve rafforzare l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione attraverso una programmazione regionale di medio-lungo termine, chiara e complementare con il livello nazionale ed europeo.

    Infine, il tema della sostenibilità, il perno su cui si svilupperanno le policy ai vari livelli di governance: occorre trasformare una visione ideale di sostenibilità in un modello di sviluppo economico in grado di creare benessere e lavoro.   L’Emilia-Romagna deve diventare un punto di riferimento in termini di qualità della vita delle persone e crescita delle imprese.

    «L’asset centrale per fare tutto ciò – ha affermato il Vice Presidente Corrado Beldì   – è il capitale umano, le competenze e le capacità delle persone. Per il rilancio della nostra economia dobbiamo superare il mismatch fra l’attuale offerta formativa e la domanda delle imprese, alla ricerca di nuovi equilibri fra competenze tecnologiche, umanistiche e soft skill».

    «Per raggiungere questi obiettivi – ha concluso il Presidente Ferrari – è importante far evolvere la capacità di collaborazione tra imprese, Istituzioni e sindacato che da sempre contraddistingue la nostra terra. Non ci interessano le contrapposizioni ideologiche o le strumentalizzazioni politiche. Dobbiamo fare un salto di qualità nella condivisione di strategie e politiche e lavorare con pragmatismo e urgenza alle cose da fare. Siamo certi che la Regione condivida gli obiettivi generali, come dimostra il programma di mandato del Presidente Bonaccini, ma ora vogliamo entrare nel merito per concretizzare questi obiettivi in modo rapido ed efficace cogliendo l’opportunità dell’avvio della nuova legislatura, del Patto per il Lavoro e della programmazione dei Fondi strutturali. Quello che conta è dare risposte concrete ed efficaci alle necessità di una società che deve costruire il proprio futuro».

     

    In allegato il comunicato stampa completo con le 25 proposte 

     


     

    Bologna, 29 novembre 2019  –   Confindustria Emilia-Romagna lancia, in occasione delle elezioni regionali del gennaio 2020, il progetto TRAIETTORIA 2030 > Lo sviluppo dell’Emilia-Romagna, con l’obiettivo di definire le priorità nel medio e lungo termine per rendere l’Emilia-Romagna una regione sempre più competitiva.

    TRAIETTORIA 2030,  promosso insieme a tutte le Associazioni Industriali dell’Emilia-Romagna, parte da un lavoro di analisi rigoroso realizzato con la collaborazione scientifica di Prometeia, fondato sui numeri e sul confronto con le regioni italiane ed europee più avanzate.

    «Il nostro progetto − ha dichiarato il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – va oltre la contingenza della competizione elettorale e ambisce a diventare uno strumento di supporto al dibattito per contribuire alla definizione delle strategie e delle politiche regionali per i prossimi anni.  Come primo passo abbiamo deciso di analizzare lo scenario al 2030, individuando i principali driver che avranno un impatto diretto sulla nostra società, sulla vita delle imprese e delle persone».

    I driver su cui ci dovremo confrontare sono: l’andamento demografico non favorevole, che rischia di penalizzare sempre di più le aree più avanzate d’Europa; il commercio internazionale, influenzato da un contesto geopolitico in cui regnano incertezza, dazi e guerre commerciali, con un impatto forte in un territorio vocato all’export come quello emiliano-romagnolo; l’evoluzione tecnologica che, rivoluzionando la società, le imprese e i modelli di consumo, richiede investimenti adeguati e capitale umano competente; la sostenibilità ambientale e il cambiamento climatico, che avranno un impatto capillare sull’economia e impongono obiettivi ambiziosi e nuove sfide al nostro sistema produttivo.

    «Partendo da questi fattori chiave − ha illustrato il Presidente Ferrari − abbiamo individuato alcune priorità per lo sviluppo sui quali la Regione potrà giocare un ruolo determinante: benessere e qualità della vita, capitale umano, imprese e innovazione, reti internazionali. Abbiamo deciso di approfondire queste aree per comprendere dove siamo oggi e qual è la distanza delle regioni leader nel confronto nazionale ed europeo».

    I dati, individuati insieme a Prometeia, indicano una regione con fondamentali economico-produttivi solidi.  Il Pil dell’Emilia-Romagna dovrebbe continuare ad avere un trend di crescita annua media positivo al 2030, dell’1,2%, maggiore rispetto alla prospettiva italiana che dovrebbe assestarsi sullo 0,9%, in linea con la media europea dell’1,3%.  Si tratta ovviamente di un dato previsionale che dovrà tener conto di numerosi fattori di incertezza.  La produzione industriale in Emilia-Romagna dal 2005 al 2017 è aumentata in media del 4,2%, più del doppio del dato nazionale (1,9%).  L’export pro capite regionale è primo nel Paese e il 10% delle imprese italiane che esportano sono in Emilia-Romagna.

    «Se da un lato dobbiamo continuare a guardare al futuro con un approccio positivo − ha aggiunto il Presidente Ferrari – dall’altro dobbiamo porci obiettivi sempre più elevati. È necessario mettere in campo politiche che tendano verso obiettivi di crescita a medio-lungo termine e miglioramento rispetto ai benchmark più virtuosi nel panorama europeo. In questa ottica l’analisi ha individuato alcuni fattori di competitività sui quali possiamo e dobbiamo fare meglio per raggiungere le regioni più sviluppate d’Europa».

    In particolare, negli ultimi dieci anni l’evoluzione del Pil per abitante risulta più debole rispetto a quella delle regioni europee più dinamiche.  Il tasso di attività è inferiore a quello del Baden Württemberg, della Catalogna e del Rhône-Alpes, così come la percentuale dei giovani laureati.  La spesa per ricerca e sviluppo, pur essendo la più elevata d’Italia, è meno della metà del Baden Württemberg in rapporto al PIL. Il peso dei nuovi mercati è inferiore rispetto ai benchmark europei: tra i primi dieci mercati di destinazione dell’Emilia-Romagna la Cina rappresenta solo il 3,1%, mentre nel Baden Württemberg è il 7,8%.

    «Per ognuno di questi temi  − ha concluso il Presidente Ferrari  −  stiamo delineando una serie di proposte di intervento che presenteremo ai candidati alle elezioni regionali nel gennaio 2020.  Tutte le proposte avranno un fondamento scientifico e saranno legate ad indicatori quantitativi misurabili che intendiamo verificare con continuità a partire dal 2021. Non possiamo permetterci di avere una prospettiva di breve termine.  Dobbiamo essere consapevoli che le politiche e le azioni che avviamo oggi per affrontare questi temi daranno risultati concreti tra 5, 10 o 20 anni.  Abbiamo bisogno di obiettivi condivisi di medio-lungo termine e di un lavoro continuo e coerente da parte delle imprese e delle Istituzioni.  Su di essi chiederemo condivisione e determinazione al futuro governo della Regione».

     

    VIDEO  “LO SCENARIO AL 2030”

     
  • Booklet economia – Emilia-Romagna | 2/2020

    Booklet economia – Emilia-Romagna | 2/2020

    Dopo la crisi del 2007-2008 l’Emilia-Romagna ha impiegato circa 10 anni per riportare il PIL ai livelli precrisi: nel 2019 il recupero ha toccato +1,9% rispetto al 2008, la Lombardia si è fermata ad un +0,6%. Nel confronto con le altre regioni europee, hanno fatto meglio il Baden Wurttemberg (+16,7%) e la Catalogna (+8,2%).

    Il lockdown imposto per fronteggiare l’emergenza sanitaria ha visto un fermo quasi totale dell’economia regionale nei mesi di marzo e aprile. A partire da maggio si è avuta una fase di graduale ripresa delle attività, vivace anche oltre le attese nei mesi estivi ma che ha subito un nuovo rallentamento in autunno. Il ritorno all’aumento dei contagi da Covid-19 ha comportato la riproposizione di misure restrittive alle attività e al movimento delle persone. In tale contesto è difficile prevedere i tempi di un ritorno ai livelli produttivi precrisi.

    Le stime più recenti (Prometeia – ottobre 2020) vedono una caduta del PIL pari a -9,9%, ovvero circa 16 miliardi in meno dell’anno scorso, più profonda di quella registrata nel 2009. Previsioni non dissimili per la Lombardia (-10,2%).

    La contrazione registrata dal commercio mondiale nella prima parte dell’anno ha avuto un forte impatto sull’Emilia-Romagna, molto esposta sui mercati internazionali (la propensione all’export, ovvero le esportazioni rispetto al PIL, ha toccato il 41,2% nel 2019). Le esportazioni hanno subito una battuta d’arresto importante, in particolare nel secondo trimestre 2020 (-25,3%), con andamenti negativi importanti ma diversificati fra settori e fra province.

    È nel secondo trimestre dell’anno che si manifesta il vero impatto della crisi Covid-19 sulle esportazioni, con una variazione per la nostra regione di -25,3%, comunque più contenuta rispetto a Veneto (-25,4%), Lombardia (-26,9%), Piemonte (-25,7%) e andamento medio nazionale (-27,8%).

    Se si guarda alla bilancia commerciale regionale, nel 2019 la regione ha registrato un avanzo commerciale pari a 29 miliardi di euro, il più alto fra le regioni italiane e pari ad oltre il 50% dell’avanzo complessivo della bilancia commerciale italiana.

    Con riferimento al mercato del lavoro, già a partire dal 2015 l’Emilia-Romagna aveva recuperato i livelli precrisi in termini di occupati, mostrando in questi ultimi anni una significativa resilienza. Il tasso di occupazione (70,4% nel 2019) è il più elevato in Italia dopo il Trentino A.A., ben al di sopra della media nazionale (59,0%) e secondo solo al Baden Wurttemberg; il tasso di disoccupazione al 5,5% colloca la regione in buona posizione rispetto alle regioni europee di confronto.

    Il blocco dei licenziamenti imposto dalle misure governative, prorogato fino a marzo 2021, fa sì che l’impatto della crisi pandemica sull’occupazione non si sia ancora completamente manifestato.

    Nel 2° trimestre 2020 l’occupazione in regione ha subito un calo pari a -69 mila occupati, scendendo a 1.988 mila (rispetto al 2° trimestre 2019).  Scendono sia il tasso di disoccupazione (4,6%), sia il tasso di occupazione (68,7%) e ciò ad evidenza del fatto che sono aumentate le persone che, scoraggiate, rinunciano a cercare un impiego.

    Nei primi sei mesi del 2020 in Emilia-Romagna sono state autorizzate quasi 226,8 milioni di ore fra CIG ordinaria (54%), Fondi di solidarietà (27%), CIG in deroga (16%) e CIG straordinaria (3%). Si stima che entro fine anno verrà più che raddoppiato il volume di ore autorizzate nel 2010 (118,4 milioni).

  • L’indagine semestrale di Confindustria Emilia-Romagna

    L’indagine semestrale di Confindustria Emilia-Romagna

     

    Il rimbalzo dopo il lock down è stato migliore delle attese soprattutto nel manifatturiero. Il contesto generale rimane critico. Si conferma una forte incertezza dello scenario economico per la seconda parte dell’anno.

    Il recupero sarà probabilmente più lento e difficile – Permangono condizioni di incertezza che rendono difficile fare previsioni sul ritmo della ripresa, ma è probabile che il ritorno ai livelli precrisi richiederà tempi più lunghi di quelli prospettati finora. Difficile pensare ad un recupero del terreno perduto prima del 2023.

    Le previsioni emerse dall’indagine di Confindustria Emilia-Romagna confermano una forte incertezza dello scenario economico per la seconda parte dell’anno.

    Il 32,1% delle imprese (dati rilevati prima dell’estate) ha aspettative di miglioramento per la seconda metà dell’anno, il 37,7% ritiene che il contesto rimarrà stazionario e continuerà ad essere caratterizzato da dinamiche difficili per produzione e ordini; il restante 30,2% si aspetta un peggioramento ulteriore della situazione economica. Saldi fra ottimisti e pessimisti, solitamente su valori positivi di 10-15 punti, sono nulli o negativi per produzione, ordini e occupazione.

    Mercato del lavoro. Disoccupazione al 4,6% nel 2°trimestre – Nel mese di giugno 2020 le attivazioni dei rapporti di lavoro nell’industria sono risalite al 74,6% del livello registrato a febbraio (ossia prima del «lockdown») e quelle nei servizi al 69,9%.

    Nel 2° trimestre 2020 l’occupazione in regione ha subito un calo pari a -69 mila occupati, scendendo a 1.988 mila (rispetto al 2° trimestre 2019). Il tasso di disoccupazione si attesta al 4,6% (media italiana 7,7%), il tasso di occupazione al 68,7% (media italiana 57,5%).

    Fonte: elaborazioni Confindustria Emilia-Romagna su dati ISTAT

    Export regionale -14,2% nel 1° semestre 2020, media Italia – 15,3% – Nel periodo gennaio-giugno 2020 l’Emilia-Romagna ha esportato beni e servizi per 28.352 milioni di euro, 4,7 miliardi in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-14,2%). Con una quota del 14,1%, l’Emilia-Romagna conferma e rafforza la seconda posizione per peso sull’export nazionale alle spalle della Lombardia.

    È nel secondo trimestre dell’anno che si manifesta il vero impatto della crisi Covid-19 sulle esportazioni, con una variazione per la nostra regione di -25,3%, comunque più contenuta rispetto a Veneto (-25,4%), Lombardia (-26,9%), Piemonte (-25,7%) e andamento medio nazionale (-27,8%).

    Contrazioni significative verso Regno Unito, Francia e Cina – Tra i principali mercati di sbocco dell’export regionale il Regno Unito ha subito la contrazione più pesante, lasciando sul terreno quasi un quarto degli scambi, seguito da Francia (-15,9%), Stati Uniti (-13,9%) e Germania (-9,3%). In ambito extra UE cali importanti verso Cina (-19,3%) e Russia (-13,9%).

    Fonte: elaborazioni Confindustria Emilia-Romagna su dati ISTAT      *peso sul totale regionale