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Categoria: Centro Studi Confindustria Emilia-Romagna

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA OTTOBRE 2020 |  SITUAZIONE E PROSPETTIVE SECONDO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA OTTOBRE 2020 | SITUAZIONE E PROSPETTIVE SECONDO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO

     

    Confindustria Emilia-Romagna: Rimbalzo dopo il lockdown migliore delle attese, ma ripresa più lenta e difficile. Garantire stabilità e continuità a misure fiscali e ad incentivi per gli investimenti. Patto per il Lavoro occasione per accelerare la crescita

    Unioncamere Emilia-Romagna: La pandemia ha determinato una crisi economica senza precedenti, proiettandoci verso uno scenario dove i fattori che rendono le imprese competitive vanno ricercati nella presenza sui mercati esteri e nel grado di digitalizzazione. Si va verso un contesto pieno di insidie, ma anche di opportunità

    Intesa Sanpaolo: I prestiti alle imprese continuano a crescere, registrando una progressiva accelerazione. La dinamica è sostenuta dai prestiti con garanzia pubblica. In Emilia-Romagna le richieste di prestiti garantiti dal Fondo centrale per le PMI hanno superato quota 100mila il 1° ottobre, per un importo complessivo di 8,9 miliardi, di cui 1,4 miliardi per operazioni fino a 30mila euro

     

    Nella foto, da sinistra a destra:
    Alberto Zambianchi, Presidente Unioncamere Emilia-Romagna
    Cristina Balbo, Direttore Regionale Intesa Sanpaolo
    Pietro Ferrari, Presidente Confindustria Emilia-Romagna

     

  • ​Il Presidente Pietro Ferrari: il Paese è ad un bivio. Forte incertezza, ma capacità di reazione. Puntiamo ad una gestione diretta del Recovery Fund da parte delle Regioni, scelte condivise con le imprese e tempi certi

    ​Il Presidente Pietro Ferrari: il Paese è ad un bivio. Forte incertezza, ma capacità di reazione. Puntiamo ad una gestione diretta del Recovery Fund da parte delle Regioni, scelte condivise con le imprese e tempi certi

     

    Bologna, 30 luglio 2020 –   Le imprese manifatturiere dell’Emilia-Romagna registrano un calo importante dell’attività economica nei primi sei mesi del 2020, sia in termini di produzione sia di vendite sul mercato interno ed estero. Anche per quanto riguarda le prospettive da qui a fine anno le aziende confermano una forte incertezza del quadro economico.

    Sono i risultati dell’indagine sugli effetti del Covid per l’industria manifatturiera realizzata da Confindustria Emilia-Romagna insieme alle Associazioni Industriali della regione.  Da gennaio a giugno un’azienda su quattro ha subìto cali di fatturato superiore al 30%, con punte anche dell’80%,  metà ha registrato cali di fatturato sino al 30%, solo un’impresa su cinque è riuscita a mantenere il fatturato in terreno positivo.

    Anche le aspettative delle imprese per la seconda metà del 2020 sono molto caute: per un terzo il quadro rimarrà stazionario e continuerà ad essere caratterizzato da dinamiche difficili per produzione e ordini, un terzo ha aspettative di miglioramento e un terzo si aspetta un ulteriore peggioramento della situazione economica.

    «Siamo ad un bivio, un momento delicato in cui non abbiamo margine di errore −  dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari –.   Un terzo delle imprese prevede un peggioramento della situazione: un dato preoccupante che avrà effetti negativi sulla crescita e sull’occupazione. Per contro la previsione di aziende in crescita e la dinamicità delle imprese che vediamo tutti i giorni sono il segno di un sistema che ha capacità di reazione e vede una possibilità di sviluppo. Ora è necessario fare un salto di qualità e affrontare con decisione le grandi riforme che il Paese aspetta da decenni. fisco, lavoro, giustizia civile, semplificazione. È un’occasione unica: abbiamo l’urgenza, la consapevolezza, le risorse per farlo. Altrimenti avremo un Paese più povero, meno competitivo, più indebitato e meno credibile a livello europeo».

    Le traiettorie di sviluppo delineate da Confindustria Emilia-Romagna sono quelle verso cui tutti i Paesi avanzati stanno continuando ad accelerare: in primis innovazione digitale e sviluppo sostenibile.  Le sfide da affrontare sono ambientali, demografiche e sociali e non possono essere scollegate da quelle economiche e del lavoro, come delineato dagli industriali nel Piano di proposte per la ripartenza e lo sviluppo dell’Emilia-Romagna presentato ad inizio luglio e collegato al Progetto Traiettoria 2030.

    «Il Recovery Fund e la programmazione dei Fondi Strutturali Europei per i prossimi sette anni  − sottolinea il Presidente Pietro Ferrari –  diventano fondamentali.  Il ruolo delle Regioni e delle imprese sarà centrale sia nella definizione degli obiettivi strategici sia nella capacità di spendere le risorse in modo efficace ed efficiente.  Per questo puntiamo ad una gestione diretta del Recovery Fund da parte delle Regioni, con scelte condivise con le imprese e tempi certi e ragionevoli, come è avvenuto sino ad oggi in Emilia-Romagna con i Fondi Europei. 

    Oggi vorremmo, anche a livello regionale con il nuovo Patto per il lavoro e per il clima, che si discutesse di capitale umano, di formazione, di sostenibilità economica, sociale e ambientale, di quali obiettivi ci poniamo come Paese e come regione, di come sostenere ed accelerare gli investimenti pubblici e privati.

    La crisi porterà certamente ristrutturazioni o effetti negativi sull’occupazione, non si può pensare il contrario. I livelli occupazionali delle imprese non possono essere scollegati dalla domanda, dal mercato o dalle prospettive di crescita. È come saremo capaci di gestire e accompagnare questi percorsi che farà la differenza.

    Dovremo essere capaci − conclude il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna – di convergere su un modello di collaborazione tra imprese, Istituzioni e parti sociali, facendo un passo indietro nelle posizioni ideologiche per costruire una visione condivisa di medio lungo periodo. Non possiamo darci obiettivi al 2030 e ritrovarci a discutere senza la giusta prospettiva e visione».

     

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA |  Per rilanciare la crescita, sostenere gli investimenti e creare lavoro serve la capacità di programmare e spendere bene le risorse

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA | Per rilanciare la crescita, sostenere gli investimenti e creare lavoro serve la capacità di programmare e spendere bene le risorse

     

    Confindustria Emilia-Romagna: Per rilanciare la crescita, sostenere gli investimenti e creare lavoro serve la capacità di programmare, progettare e spendere bene le risorse

    Unioncamere Emilia-Romagna: Si prospetta una contrazione economica senza precedenti per intensità e impatto. Saranno lunghi i tempi per la ripartenza delle filiere produttive che richiederà un impegno straordinario

    Intesa Sanpaolo: La pandemia ha avuto impatti evidenti anche sul mercato del credito, inducendo un aumento dei prestiti alle imprese e un rallentamento di quelli alle famiglie. In Emilia-Romagna oltre 75mila richieste di prestiti garantiti dal Fondo centrale per le PMI, per un importo di quasi 5 miliardi, di cui 1,3 miliardi per operazioni fino a 30mila euro

    La pandemia e il fermo produttivo per le misure di contenimento del virus da Covid-19 porteranno a conseguenze molto pesanti. Al punto che la fase di contenuta recessione industriale registrata nel 2019 si sta progressivamente trasformando nella più profonda caduta della produzione mai sperimentata. 
    È quanto emerge dall’indagine congiunturale sul primo trimestre 2020 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo, che fotografa solo i primi tre mesi dell’anno in cui sono evidenti i segnali di drastico calo per produzione, fatturato e ordini. I dati sono indice di una tendenza già molto negativa destinata a essere fortemente accentuata nelle prossime rilevazioni. 

    Notevole il rallentamento della dinamica produttiva delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna che si riduce dello 10,4 per cento rispetto all’analogo periodo del 2019, trasformando il calo del trimestre precedente (-1,5 per cento), in un crollo. 
    Così è anche per il valore delle vendite (-10,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019), con una accelerata della tendenza negativa del trimestre precedente (-1,2 per cento), anche se con una perdita lievemente meno marcata della produzione. Il fatturato estero ha mostrato una migliore tenuta e ha contenuto la correzione (-4,8 per cento)
    Uno spiraglio di luce si può cercare nei dati sul processo di acquisizione degli ordini, che ha subìto una flessione tendenziale del 9,5 per cento, rispetto alla perdita dell’1,3 per cento del trimestre precedente, ma la prospettiva di una ripresa dilazionata alla seconda parte dell’anno può essere intravista se si considera che la tendenza negativa ha un ritmo inferiore a fatturato e produzione. Anche gli ordini pervenuti dall’estero hanno subito una flessione (-4,6 per cento) lievemente più contenuta.
    Il grado di utilizzo degli impianti testimonia gli effetti del lockdown sull’attività e si è attestato al 65,6 per cento, un dato nettamente inferiore rispetto al livello del 76,3 per cento riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.
    Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è risultato pari a 8,3 settimane, un valore così contenuto non veniva rilevato dalla fine del 2014, con un chiaro calo rispetto al dato del trimestre precedente (10,2 settimane). 

    L’attività è in arretramento in tutti i settori. Anche l’industria alimentare ha fatto segnare un passo indietro, anche se contenuto: si riducono il fatturato (-2,8 per cento) pur con l’apporto della crescita del mercato estero (+2,5 per cento) e la produzione (-2,6 per cento),
    La recessione è accentuata per il sistema moda che registra un crollo del fatturato (-17,9 per cento), anche estero (-9,0 per cento), solo più contenuto per la produzione (-16,6 per cento) e simile per gli ordini (-17,0 per cento), nonostante la maggiore resistenza della componente estera (-8,7 per cento). Per la piccola industria del legno e del mobile si accentua la discesa del fatturato (-15,7 per cento), e della produzione (-14,2 per cento). 
    In difficoltà anche l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche: il fatturato complessivo si è ridotto del 12,1 per cento, e la produzione ha seguito l’andamento negativo (-13,3 per cento). L’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, ha registrato una flessione del fatturato e della produzione (-10,4 per cento). Il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (chimica, farmaceutica, plastica e gomma, ceramica e vetro) testimonia la generale recessione, ma ha beneficiato della tenuta della componente estera. Il fatturato complessivo ha perso il 7,4 per cento, nonostante la resistenza di quello estero (-1,2 per cento), e si è registrato un arretramento della produzione (-8,9 per cento).

    Riguardo alle classi dimensionali, la recessione è generalizzata, ma l’andamento è meno grave al crescere della dimensione aziendale per fatturato, ordini e produzione. Quest’ultima è scesa del 15,3 per cento per le imprese minori, mentre la caduta è più contenuta per le piccole imprese (-10,9 per cento) e ancora più ridotta per le imprese medio-grandi (-8,4 per cento). 
    Con riferimento ai dati diffusi dall’Istat, le esportazioni emiliano-romagnole sono risultate pari a poco più 15.188 milioni di euro e hanno fatto segnare una flessione del 2,2 per cento. È una brusca inversione di tendenza: nel primo trimestre 2019 infatti le esportazioni crescevano del 4,6 per cento. Il segno è rosso è generalizzato, con l’eccezione di alcuni settori che hanno invece ottenuto incrementi. Questo è accaduto per le “altre industrie manifatturiere” (+40,2 per cento), con un exploit (quasi 2,5 volte delle esportazioni) dell’industria del tabacco, che vale il 2,3 per cento dell’export regionale. Seguono industrie chimica, farmaceutica e delle materie plastiche (+ 9,7 per cento), trainate da un incremento del 41,8 per cento ottenuto dai prodotti farmaceutici, che si sono avvantaggiati della pandemia. Salgono le esportazioni dell’industria alimentare e delle bevande (+11,3 per cento), mentre tengono le vendite estere di ceramica e vetro (+0,9 per cento). In negativo gli altri comparti, con dinamiche differenti. Contenuta la flessione per l’export delle industrie della moda (-1,6 per cento), mentre sono i beni strumentali e intermedi ad avere risentito della pandemia e dell’incertezza. Per i mezzi di trasporto, calo del 9,8 per cento, appena superiore per l’industria della metallurgia e dei prodotti in metallo (- 9,7 per cento), ai macchinari e apparecchiature meccaniche (-9,4 per cento) e industria delle apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (-8,6 per cento).

    Per quanto riguarda le destinazioni, l’Europa è il mercato fondamentale per l’export regionale e ne detta la tendenza. Le vendite sui mercati europei sono risultate pari al 66,2 per cento del totale e sono diminuite del 2,2 per cento. Le esportazioni verso la sola Unione europea a 27 hanno mostrato una tendenza più accentuata (-3,2 per cento). Flessioni in Germania (-3,3 per cento), Francia (-2,8 per cento) e Spagna (-1,8 per cento). Al di fuori dell’area dell’euro si registra una pesante caduta verso il Regno Unito (-11,7 per cento). Al di là dei confini dell’Unione europea, forte crescita invece verso Svizzera (+32,5 per cento), Turchia (+19,0 per cento) e buon andamento in Russia (+7,0 per cento). 
    Riscontro negativo in America centro-meridionale (-7,1 per cento), performance positiva in Canada (+10,6 per cento), Stati Uniti (+1,0 per cento) e Brasile (+3,2 per cento).
    Calo sui mercati asiatici (-2,7 per cento), ma con notevoli differenze: molto bene in Medio Oriente (+1,4 per cento), crollo in Asia centrale (-21,5 per cento), riduzione in Asia orientale (-1,7 per cento), ma con tendenze fortemente discordanti: +50,1 per cento in Giappone, grazie all’industria del tabacco e -26,3 per cento in Cina. Infine, le esportazioni regionali perdono il 10,0 per cento in Africa e il 3,2 per cento in Oceania.

    Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto ha chiuso il primo trimestre con un deciso passo indietro a quota 524.486 (-4,6 per cento), ovvero una perdita pari a oltre 25 mila unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso, interrompendo una precedente serie positiva in corso da otto trimestri.  Nel periodo considerato, il risultato negativo è da attribuire all’ampio calo degli occupati alle dipendenze, che sono risultati oltre 472 mila con una riduzione del 5,4 per cento, pari a oltre 27 mila unità, nonostante l’aumento dell’occupazione autonoma, salita del 3,6 per cento fino a oltre 52 mila unità. 
    Sulla base dei dati del Registro delle imprese, nel primo trimestre del 2020, le attive dell’industria in senso stretto regionale, che costituiscono l’effettiva base imprenditoriale del settore, a fine marzo 43.831 (pari all’11,1 per cento delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 704 imprese (-1,6 per cento) rispetto all’anno precedente. La velocità della discesa è aumentata rispetto al -1,0 per cento del primo trimestre 2019 e fa segnare il nuovo massimo degli ultimi quattro anni.

    «L’indagine, che mette a fuoco i primi effetti dell’impatto del Covid-19, evidenzia quella che sarà una contrazione economica senza precedenti. I dati sono molto pesanti. L’impatto della crisi, di intensità e rapidità straordinarie, determinerà la chiusura di molte imprese, con forti perdite per lavoro, redditi e consumi. – dichiara Alberto Zambianchi, Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna – A fronte di una situazione così difficile, la ripresa necessiterà di tempi lunghi. Consapevoli del proprio ruolo, le Camere di Commercio dell’Emilia-Romagna hanno intensificato il supporto alle imprese, con servizi di help desk, hanno promosso iniziative e garantito risorse importanti per oltre 25 milioni, quasi tutti erogati a fondo perduto, per fronteggiare i tempi straordinariamente difficili che ci attendono, e contribuire alla ripartenza delle nostre filiere produttive».

    La pandemia ha avuto impatti anche sul credito bancario in Emilia-Romagna − secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo − che ha visto già da marzo i primi segni di un cambio di passo i cui contorni dovrebbero essere più definiti con i dati relativi ai mesi successivi. In sintesi, si è avuto un rallentamento della crescita dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese hanno invertito la tendenza, tornando a crescere. Su questi andamenti hanno influito il calo di domanda di prestiti da parte delle famiglie e, dal lato delle imprese, l’aumento del fabbisogno di liquidità. In senso positivo sugli stock agisce il minore flusso di rimborsi legato alle moratorie. Le banche, infatti, hanno da subito messo in atto interventi a supporto della liquidità di imprese e famiglie, come le moratorie e i plafond creditizi, a cui hanno fatto seguito le misure ex-lege, tra cui i crediti con garanzia pubblica.  

    A marzo, in Emilia-Romagna l’andamento dei prestiti alle imprese è tornato lievemente positivo, dopo il calo registrato nel 2019 (+0,2% a/a rispetto al -0,6% di fine 2019, variazioni corrette per le cartolarizzazioni). L’andamento resta differenziato per dimensione d’impresa, con i prestiti alle imprese medio-grandi in aumento dello 0,5% a/a e quelli alle piccole ancora in riduzione, del -1,5% a/a, sebbene più moderata rispetto al 2019. In termini di volumi, a marzo in Emilia-Romagna i prestiti sono aumentati in un mese di quasi 1.2 miliardi, dei 16 miliardi di flusso netto complessivo registrato a livello nazionale. Ad aprile, il flusso è stato ancora positivo, sebbene più modesto (+280 milioni circa m/m, sui 5,5 miliardi osservati a livello di mercato italiano). L’andamento risulta più moderato in Regione rispetto al trend nazionale, sia per le imprese medio-grandi, sia per le piccole. Si osserva che il rimbalzo di marzo ha interessato i prestiti all’industria, la cui dinamica annua è salita a +’0,2% a/a rispetto al -2,2% di fine 2019 (variazioni calcolate su volumi al netto delle sofferenze). Diversamente, i prestiti alle costruzioni hanno mostrato una stabilità del tasso di variazione, ancora negativo per -10,9% a/a dal -10,7% di dicembre 2019. Le rilevazioni di marzo e aprile non danno pienamente conto dell’impatto delle iniziative delle banche e delle misure governative a supporto della liquidità e del credito all’economia reale, la cui entità è aumentata nei mesi successivi. Dati più recenti, relativi alle operazioni garantite arrivate al Fondo centrale per le PMI mostrano che al 7 luglio l’Emilia-Romagna aveva espresso un totale di oltre 75mila operazioni per un importo finanziato di poco meno di 5 miliardi, di cui quasi 66 mila per prestiti fino a 30mila euro pari a un importo finanziato di 1,3 miliardi. Il 60% di queste operazioni si è originata in quattro province: Bologna con prestiti garantiti dal Fondo centrale per le PMI per quasi 1,1 miliardi, Modena con 870 milioni, Reggio Emilia e Parma con 585 e 560 milioni rispettivamente. Seguono, in base agli importi finanziati, Ravenna e Forlì Cesena con circa 470 milioni ciascuna, Piacenza con 353 milioni, Rimini con 326 e Ferrara con 244 milioni. Rispetto a due mesi prima, quando l’implementazione delle garanzie pubbliche era agli inizi, nelle cinque province col maggior numero di operazioni gli importi sono circa decuplicati. Un incremento di tale entità è evidente pressoché in tutta l’Emilia Romagna per i prestiti garantiti di taglio fino a 30mila euro. 

    Il lockdown ha impresso una frenata dei prestiti alle famiglie consumatrici, la cui crescita è scesa a +2,3% a/a a marzo dal 3,1% di fine 2019 (variazioni corrette per le cartolarizzazioni), in particolare per effetto della brusca caduta del credito al consumo. Anche i finanziamenti per acquisto abitazioni a marzo hanno registrato un rallentamento dello stock, a +2,9% a/a in Emilia-Romagna, dopo la ripresa osservata nell’ultima parte del 2019 fino al +3,2% a/a di dicembre (dati relativi ai prestiti escluse le sofferenze). La decelerazione è stata più moderata di quanto osservato a livello Italia (a +2,7% a/a dal 3,2% di fine 2019). Nel 1° trimestre, i flussi lordi di mutui residenziali hanno mostrato un calo contenuto a livello di Regione, pari a -0,6% a/a, risentendo del buon andamento registrato nei primi due mesi dell’anno dopo la notevole ripresa dell’ultima parte del 2019 (+9,8% a/a nel 4° trimestre 2019). Tale evoluzione dei flussi di mutui è coerente con l’andamento delle compravendite di immobili residenziali, che nel 1° trimestre sono diminuite del 12,6% a/a in Regione, solo poco meno del dato nazionale (-15,5%). Gli stock di mutui hanno rallentato, o al più si sono stabilizzati, in tutte le province, a partire dalla dinamica massima che spetta sempre a Bologna, scesa a +4,2% a/a dal 4,4% di fine 2019, seguita da Forlì-Cesena e Reggio Emilia circa stabili sul 3,6% a/a e 3,5% rispettivamente. Poco variate sono anche le dinamiche di Rimini (+2,9% da +3,0%) e Ferrara (+1,7% da +1,6%). Il rallentamento è stato più evidente in quattro province: a Piacenza, passata da +1,9% a/a a +1,1%; Parma da +2,7% a +2%; Ravenna, fermatasi a +0,4% a/a dal +1,1% di fine 2019 e Modena, la cui crescita resta però robusta, del +2,6% dal +3,1% di tre mesi prima. 

    Con riguardo alla qualità del credito, nel 1° trimestre 2020 il tasso di deterioramento dei prestiti si è stabilizzato sui minimi raggiunti a fine 2019, grazie al miglioramento proseguito in Regione per il sesto anno consecutivo. Il ritmo di emersione dei crediti deteriorati delle imprese si è fermato a 2,2% dopo essersi ridotto a tale livello nel 4° trimestre 2019 dal 2,8% del 3° trimestre. Per le famiglie consumatrici, il tasso di deterioramento dei prestiti è sceso a 0,7%, dallo 0,8% dei quattro trimestri del 2019. Anche gli stock di sofferenze sono risultati poco variati nella prima parte del 2020, dopo la notevole riduzione registrata anche nel 2019. In Emilia-Romagna le sofferenze delle imprese sono scese ad aprile al 7,3% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, che si confronta col 7,5% di fine 2019, ma è decisamente più basso dell’8,6% registrato nell’aprile dello scorso anno. L’incidenza delle sofferenze resta più bassa della media nazionale (7,6% ad aprile 2020). Tuttavia, a seguito della fase economica negativa causata dalla pandemia, è prevedibile in prospettiva un peggioramento della qualità del credito, sebbene mitigato, tra l’altro, dalle politiche di sostegno messe in atto a favore delle imprese e delle famiglie.

    «In questa fase abbiamo il dovere di impegnare ogni risorsa per dare il massimo sostegno alle nostre imprese e consentire loro, superate le difficoltà, di ripartire. Il primo trimestre 2020 è stato inevitabilmente segnato dal dispiegarsi dei primi effetti della crisi da Covid-19 e delle misure conseguenti. In tale contesto il bisogno più impellente delle imprese è stato evidentemente quello della liquidità e come Intesa Sanpaolo siamo intervenuti unilateralmente sin da febbraio, ancor prima dei Decreti, poi con tutte le soluzioni previste dal Decreto Liquidità – spiega Cristina Balbo, Direttrice regionale Emilia-Romagna e Marche di Intesa Sanpaolo –. Allo scorso giugno le sospensioni di mutui e prestiti attivate in Emilia-Romagna, tra famiglie e imprese, erano oltre 25mila per un controvalore di oltre 2,8 miliardi di euro. Nei primi tre mesi dell’anno Intesa Sanpaolo ha erogato 410 di nuovo credito a medio-lungo termine, in crescita dell’8,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Oggi più che mai sono necessari strumenti facilmente accessibili, efficaci e immediati a disposizione del sistema produttivo. Anche il plafond da 10 miliardi che destiniamo al nostro Programma Filiere, che consente appunto alle piccole imprese di ottenere un migliore e più conveniente accesso al credito, è il segno tangibile della nostra fiducia nella ripresa compatta del sistema: in Emilia-Romagna ad oggi vi hanno aderito ben 95 aziende capofila con oltre 20mila dipendenti, 2.650 imprese fornitrici e un giro d’affari complessivo di 13,5 miliardi di euro».

    «Siamo di fronte alla più pesante recessione economica dal dopoguerra – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari. Già prima del Covid-19 il nostro Paese era l’unico in Europa ad essere in recessione e a non avere ancora recuperato la perdita di Pil dalla crisi del 2008.  Non possiamo perdere un minuto, dobbiamo programmare bene le risorse e liberare le energie positive di cui le nostre imprese sono capaci».

    La recente indagine rapida del Centro Studi Confindustria stima per il secondo trimestre 2020 un calo dell’attività industriale a livello nazionale del 21,6%, in netto peggioramento rispetto all’andamento del primo trimestre (-8,4% sul quarto 2019), con un recupero più lento per le imprese orientate ai mercati internazionali. Ciò in ragione della tempistica nella diffusione del virus nel mondo: la domanda dei prodotti made in Italy si è interrotta o ridimensionata nei partner commerciali che stanno attraversando la fase acuta della pandemia, in particolare Stati Uniti e Sud America.  Anche per quanto riguarda la domanda interna il recupero dovuto alla riapertura delle attività è rallentato dall’incertezza sui tempi di uscita dalla crisi sanitaria. 

    «Il rilancio dell’economia – conclude il Presidente Ferrari – parte dalla capacità di progettare e spendere bene le ingenti risorse che avremo a disposizione. Per questo auspichiamo che si trovi velocemente un accordo sul Recovery Fund e sul quadro finanziario europeo, in modo che Stati e Regioni possano programmare in tempi rapidi le politiche di sostegno ai territori.  In questa fase alleggerire la burocrazia deve essere una delle principali priorità dei Governi a tutti i livelli: da qui le nostre proposte di semplificazione da attuare nell’immediato. Dobbiamo mettere a frutto tutte le opportunità che abbiamo davanti, senza pregiudizi e prese di posizioni ideologiche, utilizzando le risorse per promuovere la crescita, sostenere gli investimenti e creare lavoro». 

     

     

     

  • INVESTIMENTI EMILIA-ROMAGNA: LE IMPRESE CONTINUANO AD INVESTIRE

    INVESTIMENTI EMILIA-ROMAGNA: LE IMPRESE CONTINUANO AD INVESTIRE

     

    L’Indagine sugli investimenti delle imprese industriali dell’Emilia-Romagna, realizzata da Confindustria Emilia-Romagna insieme alle Associazioni e Unioni Industriali della regione, consente di fare il punto sulle scelte di investimento realizzate l’anno scorso, sugli investimenti per il 2019  e sui principali fattori che ne ostacolano la realizzazione.

    L’indagine, giunta alla ventesima edizione, si è avvalsa quest’anno del contributo scientifico di Prometeia e ha visto il coinvolgimento di circa 600 imprese appartenenti al settore manifatturiero, con un fatturato complessivo intorno ai 20 miliardi di euro e un totale di oltre 63.000 addetti.

    La propensione ad investire delle imprese della nostra regione è alta: il 92,3% delle imprese ha realizzato investimenti nel 2018 e il 92% prevede investimenti per l’anno in corso, a livelli vicini al massimo storico.

    «Gli investimenti −  dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari −   hanno un ruolo essenziale per la crescita del sistema industriale, l’espansione economica e lo sviluppo del Paese. L’aumento della concorrenza internazionale, il ridimensionamento della domanda interna, le nuove tecnologie hanno imposto alle aziende il ricorso a strategie aziendali di sviluppo più evolute per restare sul mercato. Ogni impresa ha una propria strada e un proprio approccio, ma oggi investire, innovare e internazionalizzarsi sono scelte indispensabili.

    La politica industriale −  prosegue il Presidente Ferrari −  è fondamentale per mettere le imprese in condizioni di competere in un quadro sempre più complesso. Servono una visione chiara di medio lungo periodo, priorità precise, risorse certe e strumenti continuativi. In un contesto in cui il traino dell’export non è sufficiente a garantire solidità alla crescita, anche per la forte variabilità del commercio mondiale, una forte spinta e accelerazione agli investimenti pubblici e privati può favorire il rilancio della domanda interna, la crescita della produttività, dell’occupazione, dei redditi delle famiglie».

    Nell’ultimo decennio, dal 2007 al 2018, le imprese dell’Emilia-Romagna hanno registrato una crescita a ritmi sensibilmente più dinamici rispetto alla media del Paese. Il fatturato è cresciuto a tassi tre volte superiori rispetto alla media nazionale: +2,8% medio annuo contro 0,9% nazionale. 

    La propensione ad investire è strutturalmente più elevata, con un divario che si è accentuato negli ultimi anni): la quota di investimenti sul valore della produzione è del 6,6% in Emilia-Romagna nel 2018, superiore rispetto a quella che caratterizza le imprese sul territorio nazionale (6% nel 2018), con un divario che si è ampliato dal 2016 ad oggi.

    La capacità di autofinanziamento è più alta della media nazionale: nell’ultimo biennio 2016-18 il cash flow delle imprese dell’Emilia-Romagna sulla produzione è pari al 7,7%, contro il 6,8 della media italiana. Anche la redditività industriale è superiore: nel biennio le aziende della regione registrano una redditività media del 9,9%, a fronte della media nazionale del 7,5%.

    Le aziende emiliano-romagnole si mostrano reattive all’andamento del ciclo economico e agli incentivi, confermando scelte di investimento orientate prevalentemente su aspetti di natura produttiva e organizzativa/gestionale. Nel 2018 il 60% delle imprese ha effettuato investimenti in formazione,  il 54,6 in ICT, il 53,3 in ricerca e sviluppo e il 53,3 in linee di produzione.

    Rispetto al pre-crisi emerge un’evoluzione delle strategie di investimento verso una maggiore complessità, che si traduce in un incremento della diversificazione degli ambiti di investimento. Tutte le classi dimensionali hanno diversificato gli investimenti, ed è rilevante che nell’ultimo decennio la percentuale di piccole imprese che investono in un solo ambito si sia ridotta dal 42 al 17%.

    L’indagine rileva una maggiore propensione all’investimento rispetto al passato da parte delle piccole imprese, dovuta alla necessità di rafforzare il posizionamento competitivo per restare sul mercato.

    Per quanto riguarda gli ostacoli alle decisioni di investimento, sono tre gli aspetti di particolare importanza. La burocrazia torna ad essere il principale ostacolo ad investire, segnalato dal 33,1% delle imprese.  Questo fattore critico è continuato ad aumentare negli anni ed è particolarmente sentito dalle imprese con elevata propensione ad investire, attive principalmente in settori a forte regolamentazione, quali alimentare e costruzioni.

    Tra i fattori congiunturali, la domanda attesa è il vincolo più stringente segnalato dal 31,1% degli imprenditori. L’incertezza e la volatilità del quadro economico riattivano la cautela degli imprenditori nell’avvio di nuovi piani di investimento. Il peggioramento delle aspettative sulla domanda è sentito soprattutto dalle piccole e medie imprese, caratterizzate da ritmi di crescita e condizioni di redditività inferiori rispetto alla media delle imprese regionali.

    Il terzo fattore di ostacolo in ordine di rilevanza è legato alla criticità nel reperire risorse umane, segnalato dal 27,1% delle imprese. Particolarmente coinvolte sono le aziende del settore della meccanica e dell’elettrotecnica, che ricercano figure specializzate.

    Dall’indagine emerge infine l’identikit dei forti investitori, ovvero il gruppo di imprese che hanno investito nei primi quattro ambiti relativi a ricerca e sviluppo, formazione, ICT e linee di produzione). 

    A questo proposito Alessandra Benedini, Senior Specialist di Prometeia, segnala che dall’analisi emerge come «i forti investitori siano in prevalenza – anche se non unicamente – aziende di dimensioni grandi e medio grandi, caratterizzate da una capacità innovativa molto superiore alla media regionale e un buon livello di managerializzazione. Questi elementi hanno consentito a questo nucleo forte di imprese di conseguire negli ultimi anni buoni risultati di crescita e redditività, grazie anche alle positive performance registrate sui mercati internazionali, presidiati stabilmente con succursali, come testimoniato dall’elevata quota di fatturato realizzata all’estero».

     

     

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA: RALLENTA LA CRESCITA DELL’ECONOMIA REGIONALE

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA: RALLENTA LA CRESCITA DELL’ECONOMIA REGIONALE

     

    Unioncamere Emilia-Romagna: La nostra regione si conferma la locomotiva d’Italia. Nonostante il rallentamento congiunturale, le imprese continuano a creare ricchezza e nuova occupazione. Dai mercati esteri arrivano però segnali di allarme

    Intesa Sanpaolo: In conseguenza della stagnazione dell’economia, il credito alle imprese industriali si è fermato e i prestiti a medio-lungo termine per investimenti in macchinari sono tornati a ridursi. Lo stock dei prestiti alle famiglie consumatrici per acquisto abitazioni continua a registrare una crescita robusta

    Confindustria Emilia-Romagna: Rallenta la crescita dell’Emilia-Romagna in un quadro nazionale di sostanziale stagnazione. Il clima di fiducia degli imprenditori si raffredda. Le priorità per stimolare l’economia: sblocco degli investimenti, riduzione del cuneo fiscale, piano strutturale per la sostenibilità

     

    I numeri fotografano un’economia dell’Emilia-Romagna che continua a conseguire risultati positivi – in particolare per esportazioni e occupazione – ma vi sono altri elementi che testimoniano come il quadro di incertezza che caratterizza lo scenario internazionale stia producendo effetti negativi anche nella nostra regione.

    è il quadro di sintesi che si evidenzia nell’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2019 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

    Il volume della produzione delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna è sceso dello 0,8 per cento rispetto all’analogo periodo del 2018, confermando la tendenza negativa del trimestre precedente (-0,7 per cento).

    Con una perdita più marcata rispetto alla produzione, è il fatturato, ridottosi dell’1,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2018. Con una flessione dello 0,1 per cento, il fatturato estero ha  peraltro decisamente contenuto la correzione.

    Al rallentamento della dinamica di fatturato e produzione si è associata la conferma di una più pesante tendenza negativa del processo di acquisizione degli ordini, che ha subito una flessione tendenziale dell’1,7 per cento. Si tratta di un segnale prospettico che fa riflettere.

    Anche i soli ordini pervenuti dall’estero hanno subìto una flessione tendenziale dello 0,6 per cento, più contenuta di quella del complesso degli ordinativi.

    Il grado di utilizzo degli impianti si è attestato al 76,5 per cento, un dato inferiore rispetto al livello del 78,1 per cento riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.

    A livello settoriale, la crescita procede bene per l’industria alimentare che ha registrato un aumento della produzione dell’1,7 per cento e del fatturato dell’1,8 per cento (grazie anche al potente apporto del mercato estero, +4,0 per cento).  A livelli più contenuti per l’industria del legno e del mobile, dove l’inciampo del fatturato (-0,3 per cento), appesantito dall’inversione di tendenza della componente estera (-2,0 per cento), non ha impedito una ripresa della produzione (+1,0 per cento).

    Il passo indietro è evidente per l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto che ha subìto una flessione del fatturato del 2,0 per cento, nonostante un minore arretramento dalla componente estera (-0,7 per cento). La produzione si è ridotta dell’1,4 per cento.

    Si consolida la tendenza negativa anche per l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche: qui il fatturato complessivo si è ridotto del 2,3 per cento, nonostante la migliore tenuta di quello estero (-0,9 per cento) e la produzione ha seguito lo stesso andamento (-2,2 per cento).

    E’ pesante la flessione per il sistema moda che attraversa la peggiore condizione congiunturale tra i settori considerati. La riduzione del fatturato complessivo (-3,6 per cento) e in misura analoga di quello estero (-3,8 per cento), si è accompagnata alla produzione (-2,1 per cento).

    L’evoluzione congiunturale del gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (che comprende chimica, farmaceutica, plastica e gomma, ceramica e vetro) ha messo in luce un lievissimo aumento di produzione (0,2 per cento), fatturato complessivo (0,4 per cento) e ordini (0,1 per cento), con forte incidenza della componente estera.

    Riguardo alla dimensione d’impresa, nel secondo trimestre 2019 la flessione è stata generalizzata, ma l’andamento congiunturale è risultato meno grave al crescere della struttura aziendale.

    In particolare, la produzione è scesa di più (-2,6 per cento) per le imprese minori, poi per le piccole imprese (-0,7 per cento) e  infine per le imprese medio-grandi (-0,3 per cento).

    Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto regionale a fine giugno risultavano 44.577 (pari all’11,1 per cento del totale), con una diminuzione corrispondente a 533 imprese (-1,2 per cento) rispetto all’anno precedente, quando peraltro per la prima volta dal 2012 la variazione negativa si era ridotta al di sotto dell’1 per cento.

    Riguardo alla forma giuridica, sostanzialmente sono aumentate solo le società di capitale (+1,7 per cento, +281 unità), giunte a rappresentare il 38,5 per cento delle imprese attive dell’industria, grazie all’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata che ha invece determinato un effetto negativo sulle società di persone, (-439 unità, -4,6 per cento).

    Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna ha chiuso il secondo trimestre nuovamente in aumento, giungendo quasi a quota 562 mila unità, con una crescita dell’1,3 per cento, pari a poco più di 7 mila unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso. La variazione ha trascinato l’andamento dell’occupazione complessiva in regione negli ultimi dodici mesi (+2,1 per cento, +41 mila unità) ed è andata ben oltre la tendenza positiva dell’occupazione dell’industria in senso stretto nazionale (+1,1 per cento).

    Ancora in base ai dati Istat relativi al commercio estero regionale, che prendono in considerazione le esportazioni effettuate da tutte le imprese che svolgono le operazioni doganali in regione, e quindi tracciano un quadro leggermente rispetto all’indagine congiunturale, nel primo semestre del 2019 si evidenzia un lieve rallentamento delle vendite all’estero.

    Le esportazioni di prodotti dell’industria manifatturiera hanno fatto segnare un significativo aumento (+5,0 per cento), e sono risultate pari a quasi 32.169 milioni di euro.

    L’andamento regionale appare migliore rispetto al complesso della manifattura italiana, dove l’incremento è stato molto più contenuto (+2,7 per cento).

    Il segno positivo ha prevalso in quasi tutti i settori considerati. Eccezionale l’aumento delle vendite estere dell’altra manifattura (+58,7 per cento), e in seconda battuta dell’industria dei mezzi di trasporto (10,4 per cento). Più staccati per risultato, metallurgia e prodotti in metallo (+7,0 per cento), chimica, farmaceutica, gomma e materie plastiche (+4,6 per cento), industria alimentare e bevande (+4,4 per cento), moda (+3,8 per cento). L’importante industria dei macchinari e delle apparecchiature non è andata oltre una crescita delle esportazioni dell’1,2 per cento.  Sostanzialmente fermo l’export delle industrie della ceramica e vetro, mentre arretrano le esportazioni dell’industria delle apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (-1,2 per cento) e dell’industria del legno e del mobile (-2,4 per cento).

    Per quanto riguarda le destinazioni, l’Europa si conferma come mercato fondamentale per l’export regionale. Le vendite sui mercati europei sono risultate pari al 65,5 per cento del totale, con un moderato aumento del 3,2 per cento. Le esportazioni verso la sola Unione europea (il 58,2 per cento del totale) hanno mostrato nuovamente una tendenza più accentuata (+4,0 per cento).

    Si segnala, nell’area dell’euro, la crescita più contenuta in Germania e Francia (+1,6 per cento), mentre la dinamica è superiore in Spagna (+3,8 per cento). Oltre il perimetro dell’euro, prosegue il successo di vendite nel Regno Unito (+10,9 per cento), anche in anticipazione della Brexit, mentre nei mercati fuori dell’Unione europea, tengono le vendite in Russia (+1,1 per cento), mentre crollano in Turchia (-23,6 per cento).

    La crescita sui mercati americani si è consolidata al 3,2 per cento, sostenuta dagli Stati Uniti (+3,4 per cento) e dal Brasile (+7,4 per cento). L’export regionale si rafforza in Asia (+17,2 per cento), in particolare verso la Cina (+11,8 per cento), con una vera esplosione per il Giappone (+78 per cento). Le vendite in Africa tengono (+1,7 per cento), quelle in Oceania mostrano segno rosso.

    La nostra regione si conferma ancora una volta “la locomotiva del treno Italia” – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, Alberto Zambianchi – “treno” che, purtroppo, viaggia più lento rispetto a quelli degli altri Paesi OCSE. Nonostante il perdurare della stagnazione della domanda interna, le nostre imprese continuano a creare ricchezza e nuova occupazione, soprattutto grazie ai mercati esteri. Ma proprio da oltre confine arrivano nuovi segnali di allarme, che, qualora dovessero trovare conferma per quanto riguarda l’entità degli effetti temuti, potrebbero avere pesanti ripercussioni sulla nostra economia. Mi riferisco ai dazi applicati dagli USA, mercato fino a ora in fortissima crescita per le nostre imprese, e mi riferisco anche alla fase difficile che sta attraversando l’economia tedesca, un’area di sbocco naturale per i nostri prodotti in virtù di solidi rapporti di collaborazione tra aziende regionali e tedesche, e infine alla Brexit, che certamente creerà nuovi problemi nel rapporto con un partner storico e importantissimo per molte nostre filiere».

    A giugno 2019, il credito bancario in Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, ha visto il proseguimento della crescita dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese industriali si sono fermati, coerentemente con la stagnazione dell’economia.

    «Il perdurare di un clima di incertezza a livello internazionale non può non condizionare le decisioni di investimento delle imprese emiliano-romagnole, da sempre orientate ai mercati esteri che ne apprezzano la qualità dei prodotti e la flessibilità della produzione. – sottolinea Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – Ciò è ancor più vero se si confronta il dato regionale con quello nazionale. In questo caso le imprese del territorio dimostrano comunque di non voler cedere ad un clima di sfiducia, continuando comunque a mantenere livelli importanti di investimenti. Non a caso, solo nel primo semestre del 2019, Intesa Sanpaolo ha comunque erogato 600 milioni di nuovo credito a medio-lungo termine alle aziende della regione».

    Infatti, nel 1° semestre la dinamica dei prestiti all’industria si è arrestata, dopo sei trimestri di crescita e una rapida frenata del trend positivo emersa nel corso del 2018. Per l’Emilia-Romagna si è passati da un incremento del +2,3% a/a a dicembre 2018, ad appena +0,1% a marzo e giugno 2019 (al netto delle sofferenze), una variazione che resta comunque superiore all’andamento nazionale, tornato in negativo (a -2,4% a/a a giugno da +0,7% a fine 2018). Inoltre, dopo una crescita durata quasi 4 anni fino a gran parte del 2018, i finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto sono risultati in calo nel corso del semestre, al -5,6% a/a a giugno, anticipando un’analoga evoluzione a livello nazionale (-3,7% a/a a giugno). Il peggioramento del trend dei prestiti per investimenti in macchinari ha interessato quasi tutte le province dell’Emilia Romagna, con l’eccezione di Bologna che ha mostrato una buona resistenza, restando moderatamente in aumento, dell’1,5% a/a a giugno. Bologna conferma la crescita anche per quanto riguarda il complesso dei prestiti all’industria, sempre dell’1,5% a/a a giugno, analogamente a Parma col +1,4%. I prestiti all’industria si mantengono in aumento, addirittura del 7,2% a/a a giugno, anche a Reggio Emilia dove picchi analoghi si erano visti nel 2018. Poco variati risultano i prestiti all’industria a Piacenza e Modena (-0,1% e -0,5% rispettivamente), mentre le altre province sono risultate in calo, particolarmente evidente per Forlì-Cesena e Ferrara (-12,9% e -10,2%), ben più moderato per Rimini e Ravenna (-2,4% e -1,2%).

    Una crescita robusta continua a caratterizzare lo stock dei prestiti alle famiglie consumatrici per acquisto abitazioni che nel 1° semestre 2019 si è rafforzata leggermente a +2,6% a/a in Emilia-Romagna, confermando quanto già emerso a fine 2018 col +2,5% dopo un +2% medio registrato nel resto dell’anno. Va notato che nel 2° trimestre 2019 i flussi lordi di mutui residenziali, pur mantenendosi su livelli elevati, sono tornati a registrare un calo (del -13% a/a), che fa seguito a quattro trimestri di forte crescita a due cifre. L’andamento è in linea con quello nazionale. Il volume più contenuto delle erogazioni di mutui appare coerente con il rallentamento della crescita delle compravendite di immobili residenziali, che nel 2° trimestre è risultata pari al 4,8% a/a in Regione. Benché più moderata rispetto ai sei trimestri precedenti, in Emilia-Romagna la crescita delle compravendite di case è rimasta robusta e più forte del sistema nazionale (+3,9% a/a nel 2° trimestre). Gli stock di mutui sono aumentati in tutte le province, a partire dalla dinamica massima del 4,4% a/a che spetta ancora una volta a Bologna, addirittura in ulteriore accelerazione nel 1° semestre, rispetto al risultato già brillante di fine 2018 (+3,9% a/a). Le altre province seguono a distanza. Saldamente sopra il 2% risultano Modena, col 2,5%, Forlì-Cesena col 2,3%, Parma col 2,1%. Ferrara conferma di aver superato la fase di debolezza, mostrando una leggera accelerazione a +1,9% a giugno, dall’1,7% di fine 2018. Anche Reggio-Emilia migliora, a +1,8%. Diversamente, Piacenza rallenta dal 2,1% di fine 2018 all’1,6% di giugno. Rimini e Ravenna (+1,2% a/a e 1,1% rispettivamente) confermano una crescita dello stock di mutui più moderata.

    Anche nel 1° semestre 2019 è proseguita la riduzione dei rischi del sistema bancario dell’Emilia-Romagna. Il ritmo di emersione delle sofferenze delle imprese si è ridotto ulteriormente, a 1,85% nel 2° trimestre, consolidandosi sotto la media nazionale (2,1%). Il tasso di decadimento del credito alle imprese dell’Emilia-Romagna è il più basso da dieci anni. Anche gli stock di sofferenze sono risultati ancora in riduzione. In Emilia-Romagna le sofferenze delle imprese sono scese a luglio 2019 a 8,4% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, in calo di 1,1 punti percentuali rispetto a fine 2018, restando su valori più bassi della media nazionale (9,0% a luglio).

    «La nostra indagine sulle previsioni per la seconda metà del 2019 – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrarievidenzia un raffreddamento del clima di fiducia tra gli imprenditori, lievemente meno marcato rispetto al primo semestre ma ampiamente inferiore al 2018.  Si tratta di un quadro economico in cui le ombre sembrano maggiori delle luci e la crescita è quasi nulla, leggermente migliore per l’Emilia-Romagna rispetto al resto del Paese, ma del tutto insufficiente per ripartire. Far crescere i redditi, aumentare i consumi, ridare slancio agli investimenti, colmare il gap infrastrutturale, investire in formazione e capitale umano, aumentare gli occupati a partire da donne e giovani sono obiettivi ambiziosi incompatibili con la “crescita zero”».

    Secondo l’analisi semestrale realizzata da Confindustria Emilia-Romagna – che ha coinvolto 428 imprese manifatturiero con 58.451 addetti e 21,4 miliardi di euro di fatturato – il 30,5% degli imprenditori intervistati prevede un aumento della produzione e il 54,1% una stazionarietà, con un saldo ottimisti-pessimisti di +15 punti, in leggera crescita rispetto a quanto registrato ad inizio anno. Migliorano le aspettative sulla domanda totale: il 35,2% delle imprese attende un aumento, con un saldo ottimisti/pessimisti pari a +19 punti (era +10 punti a inizio anno). Stabili i giudizi sugli ordini provenienti dall’estero, attesi in aumento dal 30,3% degli imprenditori, con un saldo ottimisti/pessimisti di +16 (era +15 il semestre scorso). Segnali di arretramento si registrano sul fronte del mercato del lavoro, con il 71,5% degli imprenditori che si aspetta una stazionarietà dell’occupazione e un saldo ottimisti/pessimisti pari a +8 (in calo rispetto a +14 di inizio 2019).

    «La bassa crescita – commenta il Presidente Ferrari – è un problema europeo, non solo italiano, e sta colpendo direttamente anche Paesi come la Germania che sembravano immuni. Le dichiarazioni del Governo sugli obiettivi della manovra, non tutte univoche, delineano alcune linee di lavoro condivisibili. Il punto è come dare corpo a queste ipotesi di lavoro, con quali e quante risorse, con quali priorità rispetto ai tanti obiettivi dichiarati. Occorre avviare un intervento di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro nel medio periodo, dare continuità strutturale alle agevolazioni fiscali previste per gli investimenti a partire da Industria 4.0, avviare finalmente la realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche e costruire un Piano strutturale per la sostenibilità e l’economia circolare».

     

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA: L’ECONOMIA RISENTE DEL CLIMA DI FIDUCIA IN PEGGIORAMENTO

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA: L’ECONOMIA RISENTE DEL CLIMA DI FIDUCIA IN PEGGIORAMENTO

     

    Confindustria Emilia-Romagna:  L’economia regionale comincia a risentire del clima di fiducia in peggioramento. Occorre uscire dalla campagna elettorale permanente e dare certezze all’economia. Dal Governo ci aspettiamo interventi di medio e lungo periodo che puntino alla crescita e a far ripartire gli investimenti pubblici e privati

    Unioncamere Emilia-Romagna:  Si riscontra un rallentamento. È necessario proseguire con convinzione nel valorizzare le capacità distintive dei settori e delle imprese manifatturiere

    Intesa Sanpaolo:  Continua la crescita robusta del credito alle famiglie mentre si fermano i prestiti all’industria e calano i finanziamenti a medio-lungo termine per investimenti in macchinari, in conseguenza della debolezza del quadro economico

     

    Bologna, 3 luglio 2019 –   Nei primi tre mesi del 2019 emergono segnali di rallentamento per produzione, fatturato e ordini per l’industria manifatturiera. Performance positive per i settori legno e mobile, ancora segno positivo per industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto, stop nell’industria alimentare, flessione per metallurgia e lavorazioni metalliche, rosso per la moda.

    Le esportazioni crescono, ma con un ritmo più lento.

    È questa l’immagine dell’economia regionale che si evidenzia dall’indagine congiunturale sul primo trimestre 2019 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

    In base ai risultati della rilevazione, si registra un rallentamento della dinamica produttiva delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna che si riduce dello 0,7 per cento rispetto all’analogo periodo del 2018, con una chiara inversione di tendenza rispetto ai tre mesi precedenti (+0,6 per cento).

    Così è anche per il valore delle vendite che si è ridotto dello 0,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, subendo un’inversione di tendenza rispetto al risultato del trimestre precedente (+1,3 per cento), più marcata rispetto alla produzione.

    Al rallentamento della dinamica della produzione e del fatturato, interno ed estero, e si è associato un appesantimento della tendenza negativa del processo di acquisizione degli ordini, che ha subìto una flessione tendenziale dell’1,9 per cento. Si tratta di un segnale prospettico piuttosto negativo. Anche i soli ordini pervenuti dall’estero hanno subito un ulteriore peggioramento rispetto del trimestre precedente (-0,4 per cento), accusando una flessione tendenziale dell’1,0 per cento.

    Il grado di utilizzo degli impianti si è attestato al 76,3 per cento, un dato leggermente inferiore rispetto al livello del 77,8 per cento riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.

    Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini risulta pari a 10,3 settimane, in calo rispetto al dato del trimestre precedente (10,9 settimane).

    Riguardo ai settori, la crescita della produzione più rapida si riscontra nella piccola industria del legno e del mobile che registra l’aumento del fatturato (+1,8 per cento). Resta il segno positivo nelle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto. L’industria alimentare si arresta: il fatturato non riesce a salire più dello 0,2 per cento. Flette lievemente l’aggregato delle altre industrie manifatturiere, si riduce per la metallurgia e le lavorazioni metalliche, mentre è profondo il calo per il sistema moda che vive la peggiore condizione congiunturale tra i settori considerati, con un crollo della produzione (-5,8 per cento) e del fatturato complessivo (-4,6 per cento).

    Riguardo alle classi dimensionali, la flessione è stata generalizzata, ma è apparsa marcata la correlazione positiva tra attività e dimensione d’impresa: l’andamento congiunturale è risultato meno grave al crescere della dimensione aziendale. In particolare, per le imprese minori la produzione è scesa del 2,2 per cento, mentre la flessione della produzione non è andata oltre un -0,7 per cento per le piccole imprese e un -0,3 per cento per le imprese medio-grandi.

    Con riferimento ai dati diffusi dall’Istat, le esportazioni emiliano-romagnole sono risultate pari a circa 15.536 milioni di euro e hanno fatto segnare un incremento del 5,2 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’andamento regionale appare comunque notevolmente migliore rispetto a quello delle vendite all’estero del complesso della manifattura italiana (+1,9 per cento).

    Il segno positivo ha prevalso in quasi tutti i settori. Il risultato regionale è da attribuire principalmente all’ industria dei macchinari e delle apparecchiature, che ha realizzato il 28,5 per cento delle esportazioni regionali. Gli altri contributi più rilevanti sono stati quelli forniti dall’industria dei mezzi di trasporto con una crescita dell’8,4 per cento e dalle vendite all’estero dell’altra manifattura (+28,9 per cento). Seguono gli apporti della metallurgia e dei prodotti in metallo e della chimica, farmaceutica, gomma e materie plastiche (+7,5 per cento).  Risulta invece sostanzialmente fermo l’export delle industrie della ceramica e vetro (+0,1 per cento) e delle apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (+0,5 per cento). Segno rosso per il legno (-2,5 per cento).

    A fare da traino alle esportazioni regionali di prodotti dell’industria manifatturiera sono i mercati d’Europa che coprono il 66,2 per cento del totale (+ 4,0 per cento), in particolare verso l’Unione europea, con una quota del 59,1 per cento (+5,2 per cento). Nell’area dell’euro si segnala la crescita più contenuta del mercato tedesco (+3,8 per cento), e francese (+2,3 per cento). Fuori dell’area dell’euro, prosegue il boom nel Regno Unito (+20,2 per cento). Al di fuori del continente europeo, crollo delle esportazioni verso il mercato turco (-34,2 per cento), effetto della crisi economica e della svalutazione della lira.

    La crescita sui mercati americani non è andata oltre il 2,4 per cento, risultato determinato dalle vendite negli Stati Uniti (+2,7 per cento). L’export regionale si rafforza sui mercati asiatici (+14,0 per cento). In particolare le esportazioni destinate in Cina, dopo il rallentamento dei due trimestri precedenti, riprendono una frenetica corsa (+24,1 per cento). Segno rosso verso l’Oceania.

    Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto ha chiuso il primo trimestre a poco più di 548 mila unità, con una crescita del 7,57 per cento, pari a oltre 38 mila unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso.  Il risultato positivo è da attribuire sia agli occupati alle dipendenze, che sono risultati oltre 495 mila, con un aumento del 6,0 per cento, pari a quasi 28 mila unità, sia all’occupazione autonoma, che è salita del 7,0 per cento a quasi 47 mila unità.

    Sulla base dei dati del Registro delle imprese, nel primo trimestre del 2019, le attive dell’industria in senso stretto regionale, che costituiscono l’effettiva base imprenditoriale del settore, a fine marzo 2019 risultavano 44.535 (pari all’11,1 per cento delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 447 imprese (-1,0 per cento) rispetto all’anno precedente. La flessione è la meno ampia dal 2012.

    «I risultati dell’indagine congiunturale confermano una fase di leggero rallentamento – dichiara Alberto Zambianchi, Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna –.  È quindi necessario proseguire con convinzione nel valorizzare le capacità distintive dei settori e delle imprese manifatturiere che rappresentano un elemento fondamentale per l’economia del territorio, attraverso azioni mirate a sostenerne la produttività e l’innovazione, per garantirne la competitività sui mercati. La manifattura storicamente partecipa in percentuale consistente alla creazione di valore aggiunto ed è un patrimonio prezioso di competenze delle aziende e del made in Italy».

     

    A marzo 2019 il credito bancario in Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, ha registrato il proseguimento della dinamica positiva dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese si sono indeboliti ulteriormente, come conseguenza del calo dell’attività produttiva e dell’incertezza delle prospettive.

    «Nonostante le condizioni di accesso al credito continuino ad essere favorevoli, le aziende emiliano-romagnole non sono immuni dalle tensioni commerciali internazionali. – commenta Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo Di conseguenza, la pianificazione degli investimenti è stata condizionata da una diffusa incertezza sul medio termine. Un dato che è emerso chiaramente anche dalle evidenze del recente Monitor sui Distretti regionali. Ciò nonostante, l’Emilia-Romagna continua a porsi all’avanguardia nel panorama imprenditoriale nazionale. In tutto il 2018 infatti, Intesa Sanpaolo ha comunque erogato oltre 1 miliardo e 600 milioni di nuovo credito a medio-lungo termine, di cui il 58% alle imprese e il 42% alle famiglie».

    Per il sistema bancario dell’Emilia-Romagna, il 2019 si è avviato con un ulteriore indebolimento dei prestiti alle imprese, risultati complessivamente stagnanti a marzo (-0,1% a/a il dato corretto per le cartolarizzazioni, meglio rispetto al -0,6% del sistema nazionale). In particolare, è proseguita la rapida frenata del trend dei prestiti all’industria la cui crescita si è fermata a marzo a +0,1% a/a, dopo una media 2018 del 4,1% (al netto delle sofferenze), restando comunque migliore rispetto all’andamento nazionale (-1,9% a/a a marzo 2019). Inoltre, dopo quasi 4 anni di incrementi senza soluzione di continuità, i finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto, sono tornati in negativo, con una variazione del -4,0% a/a a marzo, che conferma i primi segni di indebolimento emersi a fine 2018. In Emilia-Romagna, il calo è stato più marcato rispetto a quanto emerso a livello nazionale e nel Nord-Est (-0,8% a/a e -2,3% rispettivamente a marzo 2019). A livello provinciale, la riduzione dei prestiti per investimenti in macchinari è diffusa, con l’eccezione di Bologna, che si conferma continuativamente in crescita (+2,2% a/a), e di Parma (+7,1%), che presumibilmente risente del trascinamento della ripresa emersa a metà 2018. All’opposto, la contrazione è molto forte a Piacenza, Modena e Forlì-Cesena (-13,3% a/a, -10,6% e -9,8% nell’ordine), che si sono confermate le più deboli, seguite da Ravenna e Rimini (-8,8% e -8,3%). Reggio Emilia e Ferrara hanno mostrato un calo più moderato (-3,5% a/a e -4,6%).

    Una crescita robusta continua a caratterizzare lo stock dei prestiti alle famiglie consumatrici che, trainato dai mutui e dal credito al consumo, anche a marzo 2019 ha visto un ulteriore rafforzamento della dinamica a +3,0% a/a in Emilia-Romagna. In particolare, i prestiti per acquisto abitazioni hanno accelerato leggermente a +2,6% a/a, rispetto al ritmo medio del 2,1% nel 2018. L’andamento è sostenuto dalla crescita delle erogazioni di mutui residenziali, rimasta a due cifre in Regione anche nel 1° trimestre 2019, pari a +17,7% a/a, una dinamica superiore alla media nazionale, che ha subito un forte rallentamento a +1,2%. L’andamento delle erogazioni di mutui è coerente con la crescita delle compravendite di immobili residenziali, pari a +11,4% a/a in Emilia-Romagna nel 1° trimestre 2019, più forte del sistema nazionale (+8,8% a/a). Gli stock di mutui sono cresciuti in tutte le province, addirittura del 4,1% a/a a Bologna che resta la più dinamica, seguita a distanza, ancora una volta, da Forlì-Cesena e Modena col +2,6%. Una solida dinamica, ancorché più moderata, è evidente per Piacenza e Parma (+2,3% a/a). Reggio-Emilia (+1,6%), Ravenna e Rimini (entrambe col +1,4%) confermano una crescita dello stock di mutui più contenuta. Ferrara consolida il recupero emerso a fine 2018, col +1,7%.

    Nei primi mesi del 2019 si sono consolidati i risultati conseguiti nel 2018 nella riduzione dei rischi del sistema bancario dell’Emilia-Romagna. Nel 1° trimestre, il ritmo di emersione delle sofferenze delle imprese si è stabilizzato sull’1,9% (annualizzato) raggiunto nell’ultimo quarto del 2018, il valore più basso da metà 2009 e chiaramente sotto la media nazionale. Dal lato dello stock di sofferenze, sono state realizzate ulteriori riduzioni. In Emilia-Romagna le sofferenze delle imprese sono scese a marzo 2019 all’8,6% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, livello confermato ad aprile, con un calo di 0,9 punti percentuali rispetto a fine 2018, restando su valori più bassi della media nazionale (9,4% a marzo e aprile).

     

    «I numeri dell’economia regionale  – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari confermano i timori sul rallentamento della crescita che avevamo già evidenziato l’anno scorso. I primi mesi del 2019 sono caratterizzati da un peggioramento del clima di fiducia, su cui influiscono negativamente, oltre alle debolezze strutturali del Paese, la campagna elettorale permanente e una lettura dei fenomeni economici condizionata dal continuo scontro politico. In questa fase occorre dare certezze all’economia e alle imprese. Dal Governo ci aspettiamo in tempi rapidi politiche industriali che puntino a far ripartire gli investimenti pubblici e privati e costruire una visione di medio e lungo periodo per la crescita del Paese».  

    Secondo il Centro Studi Confindustria le condizioni dell’economia italiana restano deboli: la produzione industriale ha un andamento negativo, i consumi interni non accelerano, l’export cresce a ritmi più bassi, gli investimenti risultano in flessione soprattutto in ragione di aspettative e fiducia in peggioramento.

    La perdita di slancio del commercio internazionale si ripercuote sulle esportazioni dell’Italia e dell’Emilia-Romagna, che ancora tengono ma che, insieme ad un andamento della domanda interna molto debole, fanno aumentare il rischio di un ulteriormente rallentamento.

    «Per l’Emilia-Romagna – conclude il Presidente di Confindustria regionale Ferrari − prevediamo certamente una tenuta migliore rispetto alla media del Paese, anche se la forte esposizione ai mercati internazionali e il peso che l’export ha sulla crescita regionale non consentono di abbassare la guardia».

     

  • CONGIUNTURA: CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO PRESENTANO LA FOTOGRAFIA DELL’ECONOMIA REGIONALE

    CONGIUNTURA: CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO PRESENTANO LA FOTOGRAFIA DELL’ECONOMIA REGIONALE

     

    Confindustria Emilia-Romagna: Deciso peggioramento del clima di fiducia tra gli imprenditori. Previsioni ancora positive ma in peggioramento per produzione e domanda, soprattutto interna.  La crescita dell’economia deve diventare la priorità assoluta dell’azione di Governo

    Unioncamere Emilia-Romagna: La nostra regione è ancora ai vertici della crescita nazionale. A fare da traino è l’export. Un elemento che conferma il successo sui mercati delle nostre imprese, ma evidenzia al contempo i rischi potenziali derivanti da uno quadro internazionale di crescenti tensioni commerciali

    Intesa Sanpaolo: Continua il trend positivo del credito alle famiglie mentre rallenta la dinamica dei prestiti all’industria e si arresta la crescita dei finanziamenti a medio-lungo termine per investimenti in macchinari, di riflesso al deterioramento del quadro economico

     

  • CONGIUNTURA: PREVISIONI SECONDO SEMESTRE 2018 CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO PRESENTANO LA FOTOGRAFIA DELL’ECONOMIA REGIONALE

    CONGIUNTURA: PREVISIONI SECONDO SEMESTRE 2018 CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA, UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA E INTESA SANPAOLO PRESENTANO LA FOTOGRAFIA DELL’ECONOMIA REGIONALE

     

    Confindustria Emilia-Romagna:  Nella seconda metà dell’anno le aspettative degli imprenditori prevedono una crescita più lenta. Occorre uscire dalla continua campagna elettorale. Il metodo emiliano-romagnolo di confronto sui contenuti e sugli interventi è un riferimento utile per il Paese, a partire dai provvedimenti in discussione come Class action e Legge di stabilità 

    Unioncamere Emilia-Romagna:  Numeri ancora nel complesso positivi, ma alcuni segnali dovuti sia al rallentamento del contesto internazionale sia all’incertezza del quadro nazionale invitano alla cautela. La forza dell’Emilia-Romagna: vocazione manifatturiera e propensione all’export, leve su cui continuare a lavorare

    Intesa Sanpaolo:  Continua a crescere il credito alle famiglie mentre si conferma l’aumento dei prestiti all’industria e dei finanziamenti a medio-lungo termine per investimenti in macchinari. Restano favorevoli le condizioni di accesso al credito

      

    L’economia dell’Emilia-Romagna è ancora in crescita, seppure più attenuata rispetto agli ultimi mesi. È il quadro che emerge dall’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2018 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

    L’incremento della produzione è riconducibile al ruolo di protagonista svolto da due settori: l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche, mezzi di trasporto, assieme a metallurgia e lavorazioni metalliche. Chiara la correlazione positiva tra dimensione di impresa e andamento congiunturale.La produzione in volume delle piccole e medie imprese dell’industria manifatturiera dell’Emilia-Romagna è cresciuta del 2,4% rispetto allo stesso periodo del 2017, con una lieve frenata rispetto ai tre mesi precedenti (che avevano fatto segnare un +2,7%). 

    In linea con la produzione è il fatturato, che nel secondo trimestre 2018 è aumentato del 2,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2017, subendo una lieve decelerazione rispetto al risultato del trimestre precedente (+2,8 per cento). Significativa la tendenza espansiva del fatturato estero (+3,9 per cento), con un aumento superiore a quello riferito al mercato interno e una accelerazione rispetto all’aumento del 3,2 per cento rilevato nel trimestre precedente. 

    Alla crescita di fatturato e produzione si è associato un andamento ancora positivo, ma più contenuto, del processo di acquisizione degli ordini che ha mostrato un aumento tendenziale del 1,8 per cento, quindi in frenata rispetto al trimestre precedente (+2,8 per cento). 

    Il grado di utilizzo degli impianti si è attestato a 78,1 per cento, dato lievemente inferiore al 78,5 per cento riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.

    A determinare il ritmo di crescita sono sostanzialmente due settori: l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche, mezzi di trasporto che ha registrato un aumento della produzione del 4,7 per cento, la più elevata, e un elevato incremento del fatturato (+3,6 per cento), trainato dalla componente estera (+5,6 per cento). A seguire, l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche che ha segnato l’incremento del fatturato più elevato (+3,9 per cento) in aumento rispetto al trimestre precedente, grazie alla componente estera (+4,9 per cento), e della produzione (+3,6 per cento). 

    L’andamento congiunturale degli altri settori è risultato nel complesso positivo.
    Bene il fatturato della piccola industria del legno e del mobile (+3,7 per cento) accompagnato dalla ripresa della componente estera (+3,5 per cento) anche se rallenta la produzione (+1,9 per cento). 
    Il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (che comprende chimica, farmaceutica, plastica e gomma, ceramica e vetro) ha realizzato una contenuta crescita della produzione (+0,7 per cento) e del fatturato (+1,2 per cento), sostenuto dalla parte estera (+1,8 per cento).
    Nell’industria alimentare si riduce dell’1,0 per cento il fatturato nonostante la crescita dalle vendite all’estero rallenti soltanto (+2,4 per cento) mentre la produzione passa a un leggero rosso (-0,3 per cento).
    In difficoltà il sistema moda che ha messo a segno un lieve aumento del fatturato (+0,7 per cento), ma ha subito un vero crollo della produzione (-3,3 per cento). 

    Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto regionale a fine giugno risultavano 45.110 (pari all’11,2 per cento delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 265 imprese (-0,6 per cento), rispetto all’anno precedente. 
    Dato positivo per la base imprenditoriale regionale: per la prima volta dall’inizio del 2012 la variazione negativa si è ridotta al di sotto dell’uno per cento. 
    Riguardo alla forma giuridica, aumentano solo le società di capitale, giunte a rappresentare il 37,5 per cento delle imprese.

    Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna ha chiuso il secondo trimestre nuovamente in aumento, giungendo quasi a quota 554 mila unità, con una crescita dell’8,4 per cento, pari a quasi 43 mila unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso ben oltre la tendenza positiva nazionale (+3,7 per cento). La variazione ha trascinato l’andamento dell’occupazione complessiva in regione (+2,2 per cento, +45 mila unità).

    Secondo i dati Istat relativi al commercio estero regionale, che prendono in considerazione le esportazioni effettuate da tutte le imprese che svolgono le operazioni doganali in regione, nel primo semestre 2018, le esportazioni di prodotti dell’industria manifatturiera hanno fatto segnare un ottimo aumento (+5,2 per cento), e sono risultate pari a quasi 30.651 milioni di euro. L’andamento, in leggero calo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+6,4 per cento) per quanto riguarda le destinazioni, riflette la capacità di proporsi sui mercati europei (+6,7 per cento) ), in particolare dell’Unione (+7,3 per cento). Nell’area dell’euro, buona crescita sia sui mercati tedesco (+7,1 per cento), che vale il 12,6 per cento dell’export regionale, e francese (+6,3 per cento), che ne assorbe l’11,4 per cento. Oltre il perimetro dell’euro, prosegue il boom nel Regno Unito (+14,9 per cento), mentre nei mercati fuori dell’Unione europea, flettono le vendite in Russia e crollano in Turchia (-9,6 per cento), colpite dalla grave crisi economica e dalla svalutazione della lira. Più contenuta la crescita sui mercati americani (+3,9 per cento), sostenuta dagli Usa (+4,6 per cento). Lo stop sui mercati asiatici (+0,3 per cento) è avvenuto nonostante crescano rapidamente le esportazioni sia verso la Cina (+9,7 per cento), che in India (+9,2 per cento). La tendenza diviene positiva in Africa (+5,8 per cento) e si conferma una rapida espansione sui mercati dell’Oceania (+15,8 per cento).
    Va osservato tuttavia che va diminuendo il numero delle imprese esportatrici. Solo il 43% delle imprese infatti esporta abitualmente. Le prime 5 imprese realizzano il 10% dell’export, le prime 100  quasi il 50%.

    «A numeri ancora nel complesso positivi, si affiancano segnali che invitano alla cautela, dovuti sia al rallentamento del contesto internazionale che all’incertezza del quadro nazionale – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, Alberto Zambianchi – La nostra si conferma una regione a forte vocazione manifatturiera e propensione all’export. Per mantenere il ruolo di locomotiva d’Italia si deve partire dalla solida base di un sistema economico, dove il legame territoriale è essenziale, che va aiutato a crescere con linee di azione precise su cui, come Camere di commercio, stiamo investendo da tempo competenze e risorse».

    A metà del 2018 il credito bancario in Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, ha visto il proseguimento della dinamica positiva dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese hanno consolidato i miglioramenti selettivi.

    Numeri che confermano quanto emerso nel corso dell’analisi quadrimestrale del sentiment espresso da oltre 180 Gestori Imprese di Intesa Sanpaolo intervistati – nel corso di questa estate – sulle aspettative inerenti l’evoluzione degli investimenti delle imprese clienti nel 2018 e oltre. Indagine da cui si ottiene un quadro ‘a chiaro scuro’. Tinte positive si registrano soprattutto tra le imprese più grandi appartenenti ai settori agro-alimentare e manifatturiero ma anche all’high-tech, alla meccanica e al turismo. Soffre invece il comparto delle costruzioni che beneficia tuttavia degli incentivi, ormai in scadenza, collegati alle ristrutturazioni. Nondimeno un quadro a tinte scure, soprattutto in merito alla notevole incertezza geo-politica internazionale e alle conseguenti tensioni commerciali, come i dazi, che rischiano di smorzare la fiducia delle imprese e, conseguentemente, gli investimenti.

    In particolare, nella prima del 2018 i prestiti alle imprese dell’industria hanno confermato il balzo del tasso di crescita registrato a fine 2017, crescendo al ritmo di circa il 5% a/a (al netto delle sofferenze), una dinamica che non si vedeva da metà 2011. L’andamento registrato in regione risulta più forte rispetto al modesto recupero emerso a livello nazionale. Al contempo, è proseguito l’incremento dei finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto. In Emilia-Romagna la crescita di tale tipologia di prestiti (+4,7% a/a a giugno 2018) è in linea con la media nazionale (+4,6%). A livello provinciale, il trend dei prestiti per investimenti in macchinari è rimasto molto differenziato. In testa alla classifica delle province più dinamiche, Rimini e Modena hanno rallentato e ceduto il passo a Ravenna e Reggio Emilia. Anche Bologna ha mostrato un andamento più moderato rispetto a quanto registrato nella prima metà dell’anno precedente. Alcune province come Piacenza e Forlì-Cesena si sono confermate più deboli, altre, quali Ferrara e Parma, hanno mostrato segni di ripresa a giugno.

    Una crescita robusta continua a caratterizzare lo stock dei prestiti alle famiglie consumatrici per acquisto abitazioni che nel 1° semestre hanno mantenuto un ritmo di circa il 2% a/a in Emilia- Romagna. Va evidenziato che nel 2° trimestre i flussi lordi di mutui residenziali sono tornati in aumento rispetto all’anno prima e in regione hanno mostrato una velocità superiore alla media nazionale (+12,2% a/a e +8,5% rispettivamente). Tale andamento è correlato con la crescita delle compravendite di immobili residenziali che si è ravvivata da fine 2017 e in Emilia-Romagna di recente è risultata più robusta del sistema nazionale (+8,8% a/a e +5,6% rispettivamente nel 2° trimestre). A livello provinciale gli stock di mutui sono quasi tutti in crescita nell’intorno del 2%, variando tra la dinamica del 2,8% a/a di Bologna e il 2,6% di Modena, gli andamenti nell’intorno della media regionale di Piacenza (2,3%), Parma (2,1%), Forlì-Cesena (2,0%) e Rimini (col +1,9%). Reggio Emilia si conferma su un ritmo più moderato (1,2%), a cui si è unita Ravenna (1,4%). Persiste la debolezza di Ferrara, che si è stabilizzata a giugno (0,1%), dopo 5 trimestri in negativo. 

    “L’Emilia-Romagna rimane uno dei motori principali della crescita del nostro Paese, tuttavia le sfide per il prossimo futuro non mancano, a cominciare dalla delicata situazione geo-politica internazionale e le conseguenti tensioni sui flussi commerciali”. – commenta Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – “In questa edizione, abbiamo provato a sondare anche il punto di vista dei gestori che si occupano del mondo imprese. Ne è emersa una fotografia in ‘chiaro-scuro’. La nostra è una regione dinamica che ha sempre continuato ad investire in innovazione e competitività. La costante crescita dei finanziamenti rivolti agli investimenti in macchine e attrezzature industriali, e quindi all’innovazione dei processi, con tassi in linea alla media nazionale, ne è la dimostrazione.  Tuttavia, nonostante persistano condizioni favorevoli di accesso al credito, alcune tensioni internazionali rischiano di attenuare la fiducia degli operatori. In questo contesto, nel primo semestre 2018, Intesa Sanpaolo ha erogato in regione oltre 1,5 miliardi di euro, di cui 948 milioni di finanziamenti a medio lungo termine alle imprese e 405 milioni alle famiglie per mutui immobiliari”.

    Continua la riduzione dei rischi del sistema bancario dell’Emilia-Romagna, come evidenziato dal considerevole miglioramento degli indicatori di qualità del credito. Il ritmo di emersione delle sofferenze delle imprese si è ridotto notevolmente anche nel 1° semestre 2018, tanto da scendere sotto la media nazionale. In dettaglio, il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese è diminuito a 2,35% nel 2° trimestre, a confronto col 2,55% del dato nazionale, attestandosi al livello più basso dal 3° trimestre 2009. Per l’Emilia-Romagna il trend configura un calo di 2,1 punti percentuali rispetto al massimo registrato nel 1° trimestre 2016. Anche gli stock di sofferenze sono risultati ulteriormente in riduzione. Infatti, in Emilia Romagna le sofferenze delle imprese sono scese a luglio 2018 al 12,4% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, dal 15,5% di fine 2017 e dal massimo di 17,5% raggiunto ad aprile 2017, restando su valori più bassi della media nazionale (12,5% a luglio 2018). 

    «La nostra indagine sulle previsioni per la seconda metà del 2018 – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – evidenzia un deterioramento del clima di fiducia tra gli imprenditori, confermando i segnali di possibile rallentamento che si erano manifestati in primavera, dovuto ad una crescente incertezza delle condizioni di contesto e di mercato. Il raffreddamento delle aspettative è evidente nella serie storica dei saldi ottimisti/pessimisti, peggiorati rispetto ad inizio anno di circa 10 punti per quanto riguarda produzione e domanda, totale ed estera, e di 6 punti per l’occupazione».

    Secondo l’indagine semestrale realizzata da Confindustria Emilia-Romagna – che ha coinvolto 429  imprese manifatturiere con 58 mila addetti e 21,3 miliardi di fatturato – il 38,8% degli imprenditori si aspetta un aumento di produzione e il 47,6% la stazionarietà. Positive ma in diminuzione le aspettative per la domanda totale: il 37,7% delle imprese prevede una crescita degli ordini, con maggiore cautela per gli ordini esteri previsti in aumento dal 34% delle aziende. Il mercato del lavoro registra una sostanziale stazionarietà: 3 imprenditori su 4 non si attendono variazioni, con un saldo ottimisti/pessimisti pari a +11, in calo rispetto ai +16,5 punti di inizio 2018. 

    «Il quadro incerto – commenta il Presidente Ferrari – condiziona le aspettative e le scelte delle imprese. Tra i fattori critici le previsioni sull’andamento dei tassi di interesse a partire dallo spread, il costo dell’energia, il rallentamento di alcune economie emergenti, i dazi e le guerre commerciali, le tensioni politiche in Europa e molte aree geografiche. Se oggi abbiamo comunque un trend di crescita è perché in questi anni una parte importante del sistema economico e territoriale del Paese è stato capace di costruire un solido sentiero di sviluppo. Questa è l’unica strada per generare crescita, lavoro e benessere: non ci sono scorciatoie».   

    «A fronte di un contesto così complesso – conclude il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – occorre uscire dalla continua campagna elettorale, stare sui contenuti e sul merito delle questioni. È quello che caratterizza il nostro territorio, dove siamo abituati, con le Istituzioni, le forze politiche, i sindacati e la società in generale, ad un confronto di merito, con discussioni anche aspre, che nel rispetto delle diverse posizioni ha consentito di creare un ambiente più favorevole che altrove in cui investire, creare crescita e occupazione. Questo metodo di lavoro può essere riferimento utile per tutto il Paese, a partire dai provvedimenti in discussione. Mi riferisco alla Class Action, in cui sono stati introdotti elementi che incentivano la litigiosità senza che ciò si traduca in un vero strumento di tutela per i consumatori. Sulla Legge di Stabilità vedremo le proposte e i provvedimenti. Se si decide di superare il rapporto deficit/PIL definito negli anni precedenti, quello che conta è che cosa si intende fare: investire per lo sviluppo futuro del Paese o semplicemente alimentare spesa corrente per trasferimenti senza effetti duraturi sulla crescita? È in questa logica che Confindustria ha definito alcune priorità chiare per la Legge di Bilancio con un impatto immediato e diretto su investimenti, occupazione e crescita: la riduzione del cuneo fiscale e contributivo per le nuove assunzioni, la detassazione dei premi di risultato, il rifinanziamento del Fondo di Garanzia e il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione, il rilancio degli investimenti privati attraverso la conferma delle misure per Industria 4.0 e lo sblocco delle opere infrastrutturali già previste e finanziate, il sostegno dell’export e una reale spending review per rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione».   

     

     

    Nella foto, da sinistra a destra: Tito Nocentini, Alberto Zambianchi, Pietro Ferrari 

     

  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA. DATI POSITIVI DI PRODUZIONE, EXPORT E OCCUPAZIONE. MA SIAMO AD UN BIVIO CHE PUÒ FARE LA DIFFERENZA

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA. DATI POSITIVI DI PRODUZIONE, EXPORT E OCCUPAZIONE. MA SIAMO AD UN BIVIO CHE PUÒ FARE LA DIFFERENZA

     

    Confindustria Emilia-Romagna: clima di fiducia positivo tra gli imprenditori, buoni risultati per export, occupazione e investimenti. Siamo ad un bivio che può fare la differenza sulla crescita. Occorre mettere al primo posto la semplificazione e lo sblocco delle infrastrutture strategiche

    Unioncamere Emilia-Romagna: oggi nel manifatturiero possiamo cogliere segnali positivi. A fare la differenza non tanto dimensione di impresa o settore di attività, ma capacità di stare sui mercati, investire, essere all’interno di filiere. Occorre prestare attenzione ad alcuni aspetti che si affiancano alla crescita

    Intesa Sanpaolo: cresce il credito alle famiglie e migliora quello alle imprese, con un balzo dei prestiti all’industria e l’aumento dei finanziamenti per investimenti in macchinari. Condizioni favorevoli di accesso al credito

     

    I segnali positivi si consolidano e si estendono a un numero sempre maggiore di imprese. Pur con la consapevolezza di alcune criticità ancora da superare, l’Emilia-Romagna ha messo in archivio un 2017 caratterizzato da una ripresa condivisa da tutti i settori.
    È questa l’immagine che emerge dall’indagine congiunturale sul quarto trimestre e anno 2017, con previsioni 2018 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.
    Si conferma la forte vocazione manifatturiera dell’economia regionale in cui resta determinante il ruolo del settore industriale cresciuto nell’anno del 2,3% e importante il contributo del comparto costruzioni, tornato a crescere dopo nove anni di recessione.
    La prospettiva è per un 2018 con trend positivo, in cui secondo le previsioni di Prometeia, l’Emilia-Romagna si confermerà prima regione italiana per crescita davanti alla Lombardia, con un incremento del PIL stimato intorno all’1,9 per cento. 
    Venendo all’analisi del quarto trimestre 2017, il volume della produzione dell’industria in senso stretto, rispetto all’analogo periodo del 2016, è aumentato del 4,1% con una forte accelerazione riguardo al trimestre precedente e quello delle vendite del 4,7%.
    Allargando l’analisi all’intero anno, il 2017 si è chiuso con una crescita produttiva del 3,2% ben superiore all’1,5% del 2016, mentre il fatturato è salito del 3,6%, sostenuto dall’aumento del 4,2% del fatturato estero. L’incremento degli ordini è stato più contenuto (+3,2%).
    Tutti i settori hanno registrato un aumento della produzione: a fare da traino l’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto (+4,5%), la metallurgia e le lavorazioni metalliche (+4,0%); notevole l’accelerazione anche per l’industria alimentare (+2,6%). Qualche affanno per la moda
    Secondo l’indagine Istat, in Emilia-Romagna, l’occupazione dell’industria in senso stretto ha chiuso il 2017 con una flessione del 2,6%, dato su cui incidono vari fattori, dalla difficoltà di reperire figure professionali cercate dalle imprese alla progressiva automazione di alcune fasi del processo produttivo. Se però si guarda all’intera economia regionale il saldo è positivo, più 0,3% nell’anno 2017, e la disoccupazione è scesa al 6,5%.
    Nel 2017, il saldo fra iscrizioni e cessazioni dell’industria in senso stretto è stato negativo (-1,5%). Lieve tendenza negativa per le società di capitale (-0,3%), mentre è più sensibile il calo delle società di persone (-4,3%) e ditte individuali (-0,9%). Sono soprattutto i comparti della ceramica e del sistema moda a perdere imprese soprattutto società di persone: questo significa che il dato può essere letto anche positivamente se si associa a rafforzamento delle imprese esistenti.
    I dati Istat dell’export 2017 attestano una forte accelerazione delle esportazioni dell’industria emiliano-romagnola in senso stretto che sono ammontate a circa 58 miliardi e 508 milioni di euro, vale a dire un lieve aumento del 6,8%. 
    A livello settoriale, il risultato è da attribuire principalmente all’importante industria dei macchinari e delle apparecchiature (+30,3 per cento), seguito da metallurgia e prodotti in metallo (+11,4%).
    Riguardo ai mercati di sbocco, le imprese emiliano-romagnole hanno aumentato le vendite dei prodotti in tutto il mondo, con la sola eccezione dell’Africa. L’export si rivolge per due terzi all’Europa. Buona quindi l’accelerazione sui mercati europei (+7,9%) per il 65% del totale. Stessa tendenza, all’interno (+7,9%) per il mercato Ue (59,6%). In accelerazione le esportazioni verso la Russia (+14%), e tornano a crescere i mercati asiatici (+7,1%) e quelli americani (+6,8%). Verso la Cina è boom (+20,9%)
    Nel 2018, l’economia regionale (secondo gli scenari di previsione di Prometeia) dovrebbe registrare una crescita reale del 3,3% del valore aggiunto dell’industria in senso stretto, più elevata rispetto a quanto prospettato per l’Italia (+3,1%). 

    “Oggi nel manifatturiero possiamo cogliere segnali positivi. A fare la differenza non sono tanto dimensione di impresa o settore di attività, bensì la capacità di stare sui mercati, investire, essere all’interno di filiere. Sono le esportazioni e l’accelerazione del ciclo di investimenti a trainare la crescita dell’economia regionale, mentre i consumi delle famiglie, pur presentando qualche segnale, faticano ancora. – sottolinea il Vice Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, Giorgio Tabellini – I dati presentano molte luci di un percorso di crescita, che dalle imprese driver più strutturate ha coinvolto poi quelle più piccole. C’è però qualche ombra perché diminuiscono le imprese e cala l’occupazione manifatturiera. Si tratta di un aspetto da tenere sotto osservazione nei prossimi mesi, per valutare quanto sia dovuto ad aggiustamenti congiunturali che si ridurranno di fronte al consolidarsi della ripresa, oppure quanto sia l’effetto di un cambiamento strutturale nel tessuto produttivo regionale”. 

    Anche a fine 2017 il credito bancario in Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, ha visto andamenti differenziati per settori e per destinazione dei finanziamenti. Accanto alla conferma della dinamica positiva dei finanziamenti alle famiglie consumatrici, i prestiti alle imprese hanno manifestato alcuni segnali di miglioramento.
    “Le condizioni di accesso al credito continuano ad essere favorevoli, con tassi d’interesse ancora straordinariamente bassi e un’offerta distesa, anche alla luce di una crescita economica ormai consolidata. – commenta Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – Nel 2017 Intesa Sanpaolo ha erogato alle imprese emiliano-romagnole 1,7 miliardi di finanziamenti a medio lungo termine e 1,1 miliardi alle famiglie.”
    In particolare, a dicembre 2017 i prestiti alle imprese dell’industria hanno riportato un balzo del tasso di crescita a +4,9% a/a (al netto delle sofferenze), una dinamica che non si vedeva da metà 2011, dopo aver evidenziato un dato già leggermente positivo a settembre. L’andamento registrato in Regione risulta più forte rispetto al lieve recupero emerso a livello nazionale ma è possibile che il ritmo ritorni più moderato nei mesi successivi. D’altro canto, è proseguito l’incremento dei finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto. In Emilia Romagna la crescita di tale tipologia di prestiti (+2,4% a fine 2017) si è avvicinata alla media nazionale (+2,3%), dopo essere stata più vivace nei trimestri precedenti. A livello provinciale, il trend dei prestiti per investimenti in macchinari è rimasto molto differenziato. Le dinamiche più robuste sono state registrate a Rimini e Modena, tenendo conto non solo del ritmo di crescita ma anche della sua persistenza. Alcune province come Bologna, Piacenza, Reggio Emilia e Parma sono apparse in frenata, altre si sono mostrate continuativamente più deboli, come Ferrara, Forlì-Cesena e Ravenna, che però a fine 2017 ha evidenziato un notevole rimbalzo.
    Una crescita robusta continua a caratterizzare i prestiti alle famiglie consumatrici che in media nel 2017 hanno segnato un ritmo dell’1,5%, ma di recente hanno manifestato un lieve rallentamento al +1,2% di fine 2017 e inizio 2018. Il ritmo sembra quindi essersi consolidato, dopo tre anni di crescita senza soluzione di continuità. I mutui residenziali, in particolare, hanno registrato un tasso di crescita ancora superiore al 2%, sebbene più moderato, pari a +2,1% a fine 2017 rispetto al +2,6% dei due trimestri centrali dell’anno per lo stock al netto delle sofferenze. In Emilia-Romagna i flussi lordi di mutui residenziali hanno totalizzato 3,9 miliardi nel 2017, in leggero calo rispetto all’anno prima (-2,8%), ma meno di quanto registrato a livello nazionale (-4%). La frenata del trend, evidenziata a partire dal 2° trimestre 2017, è dovuta soprattutto al calo delle surroghe e sostituzioni, ma anche i nuovi contratti sono risultati leggermente in riduzione. Questo andamento è correlato con la crescita più moderata delle compravendite immobiliari (+5,3% in Regione nel 4° trimestre 2017, +6,3% il dato nazionale), rispetto alla fase di forte accelerazione evidenziata nel 2016. A livello provinciale gli stock di mutui sono quasi tutti in crescita intorno al 2%, variando tra il +2,8% di Bologna, gli andamenti poco diversi dalla media regionale di Forlì-Cesena e Ravenna (entrambe +2,3%), Modena, Parma e Rimini (+2,2%), Piacenza (+2%), rispetto al ritmo più moderato di Reggio Emilia (+1,4%). Al contempo, persiste la debolezza di Ferrara, unica provincia ancora in negativo (-0,8%).
    Buone notizie per il sistema bancario dell’Emilia-Romagna vengono anche degli indicatori di qualità del credito, tutti in miglioramento. Il ritmo di emersione delle sofferenze delle imprese è rallentato significativamente nel 4° trimestre 2017, pur restando superiore alla media nazionale. In dettaglio, il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese è sceso a 3,5%, un livello che non si vedeva da fine 2012, rispetto al 2,9% del dato nazionale. Nel caso delle famiglie consumatrici, il tasso di ingresso in sofferenza si è ridotto a 1,12% nel 4° trimestre, minimo da metà 2009, confermandosi sotto la media nazionale (1,21% il dato italiano, significativamente in calo sui trimestri precedenti). Non solo i flussi, ma anche gli stock di sofferenze sono risultati ulteriormente in riduzione. In particolare, in Emilia Romagna le sofferenze delle imprese sono scese a gennaio 2018 al 15% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, dal massimo di 17,5% raggiunto ad aprile 2017, restando su valori più bassi della media nazionale (15,8% a gennaio 2018).

    “Le previsioni per il primo semestre del 2018 mostrano un clima di fiducia positivo tra le imprese emiliano-romagnole – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – a conferma della tendenza positiva di crescita di fine 2017. Prosegue il processo di recupero degli investimenti, i consumi interni mostrano segnali di ripresa: le aspettative ottimistiche degli imprenditori lasciano intravedere ulteriori incrementi di attività nei prossimi mesi”.
    Le prospettive per il primo semestre dell’anno – rilevate da Confindustria Emilia-Romagna con la propria indagine semestrale su 590 imprese manifatturiere associate, per un totale di 57.000 addetti e circa 20,5 miliardi di euro di fatturato – mostrano buone aspettative per quanto riguarda produzione, ordini e occupazione, in miglioramento rispetto al clima registrato a metà 2017. Il 44% degli imprenditori intervistati si aspetta un aumento della produzione nella prima metà del 2018, il 45% una stazionarietà, con un saldo ottimisti-pessimisti di 33 punti, più alto di quello registrato a metà 2017 (24 punti).  Molto positive le aspettative sulla domanda, totale ed estera: per la prima oltre il 46% delle imprese intervistate si attende un aumento degli ordini, mentre per gli ordini esteri il 37% li prevede in aumento.
    Sul fronte del mercato del lavoro quasi un imprenditore su 4 si attende un aumento dell’occupazione, con un saldo ottimisti/pessimisti pari a + 16,5 punti (in aumento rispetto ai +12,2 punti di metà 2017). 
    Rispetto ai settori, saldi positivi nelle aspettative nella quasi totalità dei casi, più evidenti per chimica, meccanica, tessile e legno, sia per produzione sia per domanda attesa. Aspettative positive, ma più caute, nel settore dei mezzi di trasporto. 
    “Il clima di fiducia delle imprese dell’Emilia-Romagna è migliorato – sottolinea il Presidente regionale degli industriali –  grazie a diversi fattori, specie l’espansione a livello mondale, ma ci sono all’orizzonte instabilità geopolitiche, aumento del protezionismo e incertezze del quadro politico nazionale che possono incidere negativamente sulla crescita. In questo scenario gli industriali ribadiscono l’importanza delle infrastrutture strategiche per lo sviluppo, che non possono essere ostaggio di dispute elettorali o di continue strumentalizzazioni politiche. Penso al Passante, alla Cispadana, alla Tirreno Brennero e alle altre ben note opere prioritarie. Un altro punto fondamentale è la semplificazione: occorre sviluppare questa consapevolezza a livello di apparati amministrativi che ancora oggi sono diffidenti, e il livello decisionale e di Governo deve porre la semplificazione al primo posto nella sua agenda. Anche la nostra Regione deve spingere di più in questa direzione.
    Nei prossimi giorni – conclude il Presidente Ferrari – è prevista l’approvazione di un disegno di legge regionale in materia di valutazione d’impatto ambientale che recepisce una normativa nazionale e comunitaria. Si tratta di un’occasione utile per dare un segnale forte di concrete semplificazioni per le imprese, che chiedono due cose: rapidità nelle decisioni, certezza dei tempi e dell’applicazione delle norme e delle procedure”.