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  • AL VIA “CREI-AMO L’IMPRESA!”, IL PROGETTO CON LE SCUOLE DEI GIOVANI IMPRENDITORI DELL’EMILIA-ROMAGNA

    AL VIA “CREI-AMO L’IMPRESA!”, IL PROGETTO CON LE SCUOLE DEI GIOVANI IMPRENDITORI DELL’EMILIA-ROMAGNA

     

    AL VIA “CREI-AMO L’IMPRESA!”, IL PROGETTO PER APPASSIONARE GLI STUDENTI DELL’EMILIA-ROMAGNA AL MONDO DEL LAVORO E DELL’IMPRESA

    Scuola e impresa al centro dell’iniziativa dei Giovani Imprenditori di Confindustria Emilia-Romagna e dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna

     

    Bologna, 14 dicembre 2020  –   Al via l’edizione 2020-21 del progetto CREI-AMO L’IMPRESA!, promosso dai Giovani Imprenditori di Confindustria Emilia-Romagna e Dall’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna con la collaborazione della rappresentanza regionale dell’Associazione Giovani per l’Unesco.

    Partecipano 14 istituti secondari superiori di tutte le province della regione: IPSAS Aldrovandi Rubbiani di Bologna, IIS Aleotti Liceo artistico Dosso Dossi di Ferrara, IIS Baracca di Galeata (Forlì-Cesena), Liceo Scientifico Statale Fulcieri Paulucci di Calboli di Forlì, ITIS Enrico Fermi di Modena, I.I.S. Fermo Corni di Modena, Istituto A. Casali di Piacenza, Liceo Marconi di Parma, IP Persolino-Strocchi di Faenza (Ravenna), ITIS Nullo Baldini di Ravenna, Istituto San Tomaso di Correggio (Reggio Emilia), Istituto Scaruffi Levi Tricolore di Reggio Emilia, Istituto Einaudi di Viserba (RN), I.T.ES. Valturio di Rimini.

    «Obiettivo di Crei-amo l’impresa, giunto alla ventunesima edizione – dichiara il Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Emilia-Romagna Kevin Bravi  – è far vivere agli studenti l’esperienza dell’impresa, a partire dall’ideazione sino alla messa a punto di un business plan dettagliato in ogni aspetto della vita aziendale. Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia siamo riusciti a portare a termine l’iniziativa dell’anno scorso e ora siamo pronti per ripartire: abbiamo già avuto un’adesione straordinaria, che conferma la validità del nostro progetto».

    L’iniziativa è stata rinnovata per renderla più moderna, interattiva e gestibile anche a distanza, prevedendo la possibilità di organizzare tutte le attività anche con modalità on line. 

    «Le novità principali –  sottolinea la Vice Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Emilia-Romagna  Francesca Villani – sono l’avvio di una piattaforma dedicata al progetto, che proporrà agli studenti alcune sfide intermedie durante la definizione dell’idea imprenditoriale, e l’obbligatorietà della realizzazione di un video promozionale».

     

     

  • PRESENTATO IL 4° BILANCIO AIOP EMILIA-ROMAGNA

    PRESENTATO IL 4° BILANCIO AIOP EMILIA-ROMAGNA

     

    È stata presentata il 10 dicembre 2020 alla presenza dell’assessore alla Politiche della salute della Regione Emilia-Romagna Raffaele Donini e del membro del comitato tecnico scientifico del Ministero dalla Salute Kyriakoula Petropulacos, la quarta edizione del Bilancio Sociale AIOP Emilia-Romagna. Il rapporto curato da Nomisma a livello metodologico e scientifico, oltre ad analizzare le performance economiche, sociali ed ambientali dell’aggregato di strutture sanitarie associate ad AIOP Emilia-Romagna, si concentra, in questa edizione, sulle riflessioni circa il ripensamento dei servizi assistenziali nell’era “post Covid-19”.
     

    IL RUOLO DELL’OSPEDALITÁ PRIVATA IN EMILIA-ROMAGNA
    L’Emilia-Romagna è da tempo impegnata in un percorso di transizione ospedale-territorio e nel consolidamento di percorsi assistenziali alternativi nell’intento di garantire risposte concrete ai nuovi bisogni di salute dei pazienti. Anche nel 2019 l’offerta ospedaliera delle strutture AIOP conferma il proprio fondamentale contributo, con il 25,9% dei posti letto totali della regione, il 18,8% dei pazienti dimessi e il 20,2% delle giornate di degenza complessive. In particolare, la rete ospedaliera privata fornisce un supporto rilevante in alcune particolari discipline sanitarie come ad esempio i percorsi di recupero e riabilitativi (gli ospedali privati accreditati assistono ben il 65,4% del totale dei pazienti che necessitano di percorsi di recupero), cardiochirurgia (60%), lungodegenza (44,8%), ortopedia e traumatologia (42,7%). I dati sulla mobilità attiva confermano anche per il 2019 la grande capacità attrattiva dell’ospedalità privata regionale: i dimessi provenienti da altre regioni incidono per il 38,2% sui dimessi totali e risultano essere in crescita del 6% rispetto all’anno precedente.

    I NUMERI DELLE STRUTTURE AIOP EMILIA-ROMAGNA
    Il panorama del privato accreditato che caratterizza la regione Emilia-Romagna è costituito da un’ampia e articolata rete di soggetti. Delle strutture associate ad AIOP Emilia-Romagna 43 sono case di cura che offrono servizi esclusivamente ospedalieri. Tra gli ospedali 36 forniscono esclusivamente prestazioni di tipo ospedaliero, mentre 7 erogano sia attività ospedaliera che residenziale psichiatrica. I posti letto dell’ospedalità privata ammontano complessivamente a 5.163, di cui 4.779 (93%) accreditati con il Sistema Sanitario Nazionale. Nel corso del 2019, come evidenzia il report, sono stati dimessi 135.564 pazienti.

    Le strutture associate AIOP Emilia-Romagna continuano a dimostrare una spiccata sensibilità verso le tematiche di sostenibilità energetica e impatto ambientale. Nel 2019 la spesa ambientale totale delle strutture è stata di 17,8 milioni di Euro, in lieve aumento (+6,4%) rispetto al 2018.  

    Il valore della produzione generato dalle strutture è risultato pari a 812 milioni di euro nel 2019, in rialzo del 7% rispetto al 2018. Nel corso del 2019 sono stati stanziati oltre 37 milioni di euro per investimenti, la maggior parte dei quali destinati a supportare miglioramenti e ampliamenti di aree interne ed esterne agli ospedali (46,9%), mentre la restante parte (36,1%) dei fondi investiti sono stati indirizzati ad acquistare macchinari e apparecchiature. Il Valore Aggiunto Globale Lordo (inteso come capacità dell’organizzazione di distribuire la ricchezza prodotta a favore degli stakeholder) si è attestato 531 milioni di euro. Considerando l’ammontare di acquisti da fornitori si riscontrata una costante crescita negli ultimi anni. In particolare nel 2019 il totale complessivo di acquisti da fornitori ha sfiorato i 300 milioni di euro, con una crescita del 7,5% rispetto al 2018. La maggior parte degli acquisti continua a ricadere prevalentemente su fornitori localizzati in Emilia-Romagna (63,7% degli acquisti, per un totale pari a 191 milioni di euro).

    Questo aggregato esprime un impatto occupazionale pari a 758 unità nel 2019, per un effetto moltiplicatore dell’occupazione diretta pari al 9%. Considerando tutti questi fattori l’ospedalità privata ha generato nel 2019 una ricaduta economica intesa come impatto che essa genera nei diversi settori dell’economia di 1,3 miliardi di euro per un effetto moltiplicativo delle attività pari a 1,57.

    COVID-19: VINCENTE SISTEMA MISTO PUBBLICO-PRIVATO
    Sin dall’inizio della pandemia le strutture ospedaliere private hanno fornito un contributo fondamentale nella gestione dell’emergenza sanitaria affiancando la componente pubblica nella gestione dei pazienti. Alla data del 24 novembre 2020, i posti letto messi a disposizione dalle strutture AIOP, ammontano a 1.557 unità, occupando a livello complessivo il 44% del totale posti letto delle strutture AIOP normalmente assegnati dalla Regione. A livello territoriale la distribuzione non è stata del tutto omogenea: se a Reggio Emilia e Ferrara le necessità emergenziali hanno portato a una richiesta pari al 15% dei posti letto accreditati totali, la quota sale al 66% a Bologna (583 posti letto aggiuntivi sui quali il Sistema pubblico ha potuto fare affidamento). Considerando i posti letto messi a disposizione, il 36% è stato destinato a pazienti Covid in fase acuta o post acuta, il restante 64% a pazienti ordinari. Considerando i ricoveri e dimissioni – i dati disponibili consolidati sono da considerarsi al 30 settembre 2020 – a fronte di quasi 16mila dimessi le strutture private accreditate AIOP anno contribuito alla gestione dell’emergenza accogliendo 2.254 pazienti, pari al 12,4% del totale dei pazienti ospedalizzati con diagnosi Covid.

    VERSO UNA NUOVA NORMALITÁ SANITARIA
    Progettare il cambiamento sarà la vera sfida futura. Per un ripensamento del sistema Nomisma indica 5 punti fondamentali. In primis il potenziamento della medicina territoriale, attraverso il rafforzamento delle strutture intermedie. In secondo luogo occorre ripensare nuove soluzioni per le fasce più deboli della popolazione, come ad esempio gli anziani. Sono necessari strumenti di welfare complessi che renando davvero concreta l’integrazione tra sanità e assistenza, anche attraverso sistemi territoriali dove le due componenti si integrano e concorrono tra loro per elevare la qualità di vita della popolazione anziana. E ancora, incentivare la medicina digitale superando il modello tradizionale di sanità. Già da diversi anni la tecnologia mette a disposizione strumenti innovativi per la medicina, ma è necessario prevedere investimenti crescenti a sostegno della “rivoluzione digitale”. Altro punto fondamentale è quello della difesa dell’equità sociale anche tramite la riduzione delle liste d’attesa.

     

    Ufficio Stampa AIOP Emilia Romagna
    Dott.ssa Deborah Annolino
    Mail. press@er-aiop.com
    Tel. 347.4072574
    AIOP Emilia Romagna | Via Barberia, 13 – 40123, Bologna

     

  • IL DESIGN NELLA FILIERA DELLA SALUTE E DEL WELLNESS |  17 DICEMBRE 2020 ON LINE

    IL DESIGN NELLA FILIERA DELLA SALUTE E DEL WELLNESS | 17 DICEMBRE 2020 ON LINE

     

    “Il design della salute: la filiera del wellness” è il tema dell’evento che ADI Associazione Disegno Industriale ha organizzato il 17 dicembre con il patrocinio di Confindustria Emilia-Romagna.

    L’incontro si è aperto con un saluto introduttivo del Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Emilia-Romagna Kevin Bravi.

    Il ruolo del design si è sempre più spostato dalla generazione di prodotti o servizi verso la facilitazione di interi processi produttivi. Per questo hanno partecipato vari interlocutori  delle filiere, intese sia come strette, quindi la catena di fornitori per la generazione di prodotti e servizi,  sia larghe, in cui intervengono aspetti quali l’associazionismo, la formazione, l’editoria.

    Il tema della salute offre molte sfaccettature di intervento: dagli aspetti legati all’erogazione dei prodotti farmaceutici alla progettazione delle apparecchiature, alla comunicazione dei temi relativi alla prevenzione.

    L’evento del 17 dicembre si è concentrato su quest’ultimo aspetto: utilizzando il termine wellness come chiave per intendere la prevenzione, in termini di attenzione nei confronti di pratiche e stili di vita che riducano preventivamente il rischio di malattie e il ricorso conseguente a cure mediche e strutture sanitarie.

    Come nei precedenti appuntamenti, attengono a questa filiera interlocutori pubblici e privati attivi a diversi livelli: aziende che tradizionalmente intervengono sulla filosofia dell’esercitazione del corpo (Technogym, inventrice dello stesso termine “wellness”) o impegnate invece nel settore di una alimentazione salubre e consapevole (Terra e Sole, e Bio’s Kitchen, con il titolare Renzo Agostini, autore del recentissimo libro Una vita da Bio); enti pubblici (Azienda Tutela Salute Milano, nell’area dedicata alla promozione coordinata da Corrado Celata); fondazioni che promuovono questa mission (Wellness Foundation, con la presenza di Laura Piva) e progettisti attivi nel settore (Christian Brugnoli, Architect&Interior Designers Manager di Technogym).

     

     

     

  • INDAGINE RAPIDA DEL CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA |  1 dicembre 2020

    INDAGINE RAPIDA DEL CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA | 1 dicembre 2020

     

    Le misure di contenimento del Covid-19 riportano in territorio negativo la dinamica della produzione industriale in novembre (-2,3%) e nel 4° trimestre

    La produzione industriale italiana, dopo il recupero rilevato in ottobre (+1,2%), torna a diminuire in novembre (-2,3%), a causa della contrazione della domanda conseguente alle misure di contenimento introdotte in Italia e nei principali partner commerciali.

    Le prospettive per il quarto trimestre sono negative, come mostra l’andamento della fiducia tra gli imprenditori manifatturieri e tra le famiglie, in netto peggioramento specialmente nelle componenti relative alla situazione corrente e alle attese sul contesto economico nei prossimi mesi.

     

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  • MANIFATTURA, EXPORT E MERCATO DEL LAVORO

    MANIFATTURA, EXPORT E MERCATO DEL LAVORO

    Nel terzo trimeste 2020 il calo tendenziale della produzione manifatturiera si è fermato al -6,7%, dopo la flessione di quasi il 20% registrata nel secondo trimestre dell’anno.

    Ancora un dato di segno negativo, ma di minor intensità, a indicare che nel periodo luglio-settembre l’industria emiliano-romagnola aveva avviato un percorso di ripresa che, progressivamente, l’avrebbe riportata ad avvicinare la situazione pre-covid.

    In un contesto economico sempre più incerto l’Emilia-Romagna ha dimostrato di avere i fondamentali solidi per guardare con fiducia al futuro. La Regione è stata in grado di fronteggiare con successo molte delle sfide conseguenti alla crisi finanziaria del 2007-2008. I risultati in termini di PIL per abitante, tasso di disoccupazione, apertura ai mercati internazionali la collocano fra le regioni più sviluppate del paese, in grado di competere con le regioni motore d’Europa.




  • SCENARI INDUSTRIALI CSC |  28 NOVEMBRE 2020

    SCENARI INDUSTRIALI CSC | 28 NOVEMBRE 2020

     

    MANIFATTURA MONDIALE COLPITA DALLO SHOCK PANDEMICO
    ITALIA FA BENE E RESISTE, AL SETTIMO POSTO NEL MONDO. TERZI IN UE PER SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE

     

    La manifattura mondiale è tuttora sotto lo scacco della pandemia, dopo aver subito un forte shock che seguiterà a condizionarne i comportamenti per un tempo ancora indeterminato. E questo dopo aver registrato il più basso tasso di espansione dell’attività industriale dell’ultimo decennio e in una fase di contrazione degli scambi mondiali e degli investimenti diretti esteri. La crescita annua del valore aggiunto manifatturiero reale a livello mondiale è stata pari all’1,8% nel 2019, in decelerazione per il secondo anno consecutivo, e su un livello molto prossimo a quello registrato nel 2008, ossia all’alba dello scoppio della Grande Recessione. Secondo le attese, nessuna tra le principali aree industrializzate del pianeta sarà in grado di evitare nel 2020 una forte contrazione del valore aggiunto, ad eccezione della Cina, che registrerà una moderata espansione (+2,1%, il tasso comunque più basso da oltre tre decenni). Il 2020 dovrebbe chiudersi con una crescita negativa del 5,1%, non lontana da quella registrata nel 2009 (-6,0%). 

    Negli anni a venire l’architettura internazionale della produzione subirà cambiamenti importanti, che comporteranno una ridislocazione dei flussi commerciali e di investimento. In prospettiva la “soluzione del problema produttivo” è destinata ad assumere contemporaneamente forme differenziate, tra cui la possibile re-importazione (re-shoring) di fasi produttive già affidate a fornitori esteri o una loro ridislocazione a scala continentale (near-shoring).

     

    La manifattura italiana

    L’Italia compare ormai stabilmente al settimo posto della graduatoria mondiale dei principali produttori manifatturieri, con una quota del 2,2%, davanti alla Francia (1,9%) e al Regno Unito (1,8). E compare tra gli esportatori mondiali con la performance migliore: secondo il trade performance index elaborato da wto e unctad il nostro Paese occupa le prime tre posizioni al mondo in otto raggruppamenti settoriali su dodici, subito dietro la Germania.

    L’impatto della pandemia sui livelli di attività della manifattura italiana è stato immediato e violento. Nei due mesi di lockdown (marzo e aprile) la produzione è diminuita mediamente di oltre il 40%, anche se con un profilo fortemente disomogeneo a livello settoriale (dal -92,8% della produzione di prodotti in pelle al -5,5% del farmaceutico). Il recupero dei livelli produttivi da maggio è stato pressoché istantaneo, così che nel giro di quattro mesi il livello di produzione è tornato intorno ai valori di gennaio con un incremento del 76% rispetto al minimo toccato in aprile. Ma le prospettive per i mesi autunnali sono tornate negative, in linea con l’aumento dei contagi a livello globale e con l’introduzione di nuove misure restrittive.

    Il rallentamento produttivo dell’Italia non costituisce una anomalia nel confronto internazionale. Rispetto alle altre grandi economie europee l’Italia mostra anzi una contrazione dei tassi di crescita relativamente contenuta, oltre che una maggiore reattività allo shock pandemico.

    Il deficit di crescita è però ormai strutturale. Agisce su di esso – oltre a una incertezza divenuta ormai permanente – la graduale erosione della domanda interna, che limita la possibilità per i produttori nazionali di trovare spazio sul mercato domestico. Spicca in questo ambito il crollo della componente pubblica degli investimenti (in costante flessione dal 2011), mentre la componente privata si è risollevata, anche grazie agli effetti positivi del Piano “Industria 4.0. A partire dal 2014 si è avuta una fase di ripresa dei flussi di investimento, che ha riguardato i soli investimenti privati, arrivata fino al 2018 (tra 2014 e 2018 si registra una variazione positiva di quasi il 13%; ma il livello raggiunto è inferiore di quasi 20 punti percentuali rispetto al picco del 2007).

    Il progressivo assottigliarsi dei livelli di attività non poteva essere senza conseguenze sulle dimensioni stesse dell’apparato produttivo. Una stima prudenziale della variazione cumulata del saldo per i soli anni 2017-2020 indica una contrazione del numero delle imprese superiore alle 32mila unità. Il numero delle entrate di nuove imprese sul mercato è divenuto di gran lunga inferiore a quello delle uscite, ovvero i processi di formazione di nuove imprese non sono più in grado – diversamente dal passato – di garantire l’espansione della base produttiva.

    Al processo di selezione non ha corrisposto una riallocazione delle risorse verso le imprese rimaste: le imprese uscite dal mercato hanno portato fuori dall’economia le risorse e le competenze di cui disponevano, riducendo il livello del potenziale produttivo e aprendo vuoti all’interno dei territori (specie meridionali) in cui operavano.

    Dal punto di vista dell’occupazione la drammatica caduta dell’output manifatturiero è stata quasi interamente assorbita dalla riduzione del monte-ore lavorate (-23%), a fronte della sostanziale tenuta del numero degli occupati complessivi (-0,6%). Hanno fatto da cuscinetto un’ampia gamma di forme di riduzione dell’orario, lo smaltimento delle ferie e l’utilizzo di congedi, il ricorso rapido e massiccio a strumenti di integrazione al reddito da lavoro (in primis la cig in deroga). Ma, naturalmente, ha contato fin qui anche il blocco dei licenziamenti (anche nel confronto internazionale). Sta cambiando la struttura dell’occupazione: flette al Centro-Sud (mentre mostra qualche segno di recupero al Nord); risultano in calo le donne, i lavoratori al di sotto dei 35 anni e la componente autonoma dell’occupazione.

    L’uscita dalla pandemia coinciderà con cambiamenti importanti negli stessi driver dello sviluppo, nell’ambito dei quali un ruolo importante sarà svolto dalla transizione green. L’industria italiana affronta la sfida della sostenibilità ambientale potendo contare su un vantaggio strategico da first mover rispetto a molti dei suoi partner internazionali, avendo già da tempo introdotto un approccio “responsabile” alla produzione e al consumo di risorse. Presenta infatti un ridotto impatto in termini di rifiuti solidi prodotti, grazie ad un approccio circolare rispetto all’utilizzo delle risorse (grazie alle attività di riciclo e recupero è stato infatti possibile re-immettere nel sistema economico l’83% circa dei rifiuti speciali prodotti in Italia, contro l’81% registrato in Germania, il 71% in Francia, il 60% del Regno Unito e una media UE del 53%) e un ridotto impatto in termini di emissioni di gas serra prodotti dalle attività di trasformazione. Infatti, secondo le stime del Centro Studi Confindustria, la manifattura italiana si colloca al quarto posto tra le principali economie globali, al terzo nella UE, per minor intensità di CO2 (CO2 in rapporto al valore aggiunto), su livelli equivalenti a quelli registrati dalla manifattura tedesca. Rispetto alla media UE, l’intensità delle emissioni di CO2 della manifattura italiana è inferiore del 31%. La bassa impronta di carbonio della manifattura italiana nel confronto internazionale è spiegata soprattutto da livelli di efficienza ambientale dei processi industriali tra i più elevati al mondo.

     

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  • CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA | 26 NOVEMBRE 2020

    CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA | 26 NOVEMBRE 2020

     

    Presentata la congiuntura del terzo trimestre 2020 dell’Emilia-Romagna realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

    Nel terzo trimestre il calo della produzione manifatturiera, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è fermato a -6,7%, dopo la flessione di quasi il 20% registrata nel secondo trimestre dell’anno.

    Dunque, ancora un dato di segno negativo, seppur di minor intensità, a indicare che nel periodo luglio-settembre l’industria emiliano-romagnola aveva avviato un percorso positivo che, progressivamente, l’avrebbe riportata ad avvicinare la situazione pre-covid.

    Il rapido diffondersi della seconda ondata e le misure di contenimento hanno rallentato lo slancio della ripresa. Pertanto, continua l’incertezza sui tempi di recupero dei livelli produttivi e la preoccupazione sulla tenuta di alcuni settori.

     

    Unioncamere Emilia-Romagna: La sfida delle imprese è resistere, reagire e prepararsi alla ripartenza in una economia che sarà nuova e molto diversa da quella prima della pandemia”.

    Intesa Sanpaolo: “Prosegue la ripresa dei prestiti alle imprese dell’Emilia-Romagna, particolarmente dinamico il trend di quelli alle piccole imprese“.

    Confindustria Emilia-Romagna: Cresce l’incertezza, ma l’Emilia-Romagna ha i fondamentali solidi per guardare con fiducia al futuro, a partire dalla manifattura e dalle filiere. Il Patto per il lavoro deve essere un’opportunità: occorrono poche priorità precise, decisioni concrete e pragmatismo”

     

  • CONGIUNTURA FLASH DEL CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA |  21 novembre 2020

    CONGIUNTURA FLASH DEL CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA | 21 novembre 2020

     

    L’Italia è a rischio di una nuova caduta in recessione a fine 2020: peggiorano soprattutto i servizi, ma anche nell’industria si è arrestata la risalita.

    La domanda interna è fragile, l’occupazione si è già fermata, le imprese hanno più debito, solo l’export era in risalita, ma la pandemia minaccia il secondo stop agli scambi mondiali.

    I tassi di interesse restano stabili in un’Eurozona che frena, mentre il petrolio risale nonostante gli USA sotto ritmo, e la crescita del Brasile sorprende.

     

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  • Booklet economia – Emilia-Romagna | 2/2020

    Booklet economia – Emilia-Romagna | 2/2020

    Dopo la crisi del 2007-2008 l’Emilia-Romagna ha impiegato circa 10 anni per riportare il PIL ai livelli precrisi: nel 2019 il recupero ha toccato +1,9% rispetto al 2008, la Lombardia si è fermata ad un +0,6%. Nel confronto con le altre regioni europee, hanno fatto meglio il Baden Wurttemberg (+16,7%) e la Catalogna (+8,2%).

    Il lockdown imposto per fronteggiare l’emergenza sanitaria ha visto un fermo quasi totale dell’economia regionale nei mesi di marzo e aprile. A partire da maggio si è avuta una fase di graduale ripresa delle attività, vivace anche oltre le attese nei mesi estivi ma che ha subito un nuovo rallentamento in autunno. Il ritorno all’aumento dei contagi da Covid-19 ha comportato la riproposizione di misure restrittive alle attività e al movimento delle persone. In tale contesto è difficile prevedere i tempi di un ritorno ai livelli produttivi precrisi.

    Le stime più recenti (Prometeia – ottobre 2020) vedono una caduta del PIL pari a -9,9%, ovvero circa 16 miliardi in meno dell’anno scorso, più profonda di quella registrata nel 2009. Previsioni non dissimili per la Lombardia (-10,2%).

    La contrazione registrata dal commercio mondiale nella prima parte dell’anno ha avuto un forte impatto sull’Emilia-Romagna, molto esposta sui mercati internazionali (la propensione all’export, ovvero le esportazioni rispetto al PIL, ha toccato il 41,2% nel 2019). Le esportazioni hanno subito una battuta d’arresto importante, in particolare nel secondo trimestre 2020 (-25,3%), con andamenti negativi importanti ma diversificati fra settori e fra province.

    È nel secondo trimestre dell’anno che si manifesta il vero impatto della crisi Covid-19 sulle esportazioni, con una variazione per la nostra regione di -25,3%, comunque più contenuta rispetto a Veneto (-25,4%), Lombardia (-26,9%), Piemonte (-25,7%) e andamento medio nazionale (-27,8%).

    Se si guarda alla bilancia commerciale regionale, nel 2019 la regione ha registrato un avanzo commerciale pari a 29 miliardi di euro, il più alto fra le regioni italiane e pari ad oltre il 50% dell’avanzo complessivo della bilancia commerciale italiana.

    Con riferimento al mercato del lavoro, già a partire dal 2015 l’Emilia-Romagna aveva recuperato i livelli precrisi in termini di occupati, mostrando in questi ultimi anni una significativa resilienza. Il tasso di occupazione (70,4% nel 2019) è il più elevato in Italia dopo il Trentino A.A., ben al di sopra della media nazionale (59,0%) e secondo solo al Baden Wurttemberg; il tasso di disoccupazione al 5,5% colloca la regione in buona posizione rispetto alle regioni europee di confronto.

    Il blocco dei licenziamenti imposto dalle misure governative, prorogato fino a marzo 2021, fa sì che l’impatto della crisi pandemica sull’occupazione non si sia ancora completamente manifestato.

    Nel 2° trimestre 2020 l’occupazione in regione ha subito un calo pari a -69 mila occupati, scendendo a 1.988 mila (rispetto al 2° trimestre 2019).  Scendono sia il tasso di disoccupazione (4,6%), sia il tasso di occupazione (68,7%) e ciò ad evidenza del fatto che sono aumentate le persone che, scoraggiate, rinunciano a cercare un impiego.

    Nei primi sei mesi del 2020 in Emilia-Romagna sono state autorizzate quasi 226,8 milioni di ore fra CIG ordinaria (54%), Fondi di solidarietà (27%), CIG in deroga (16%) e CIG straordinaria (3%). Si stima che entro fine anno verrà più che raddoppiato il volume di ore autorizzate nel 2010 (118,4 milioni).