La produzione industriale ha continuato a recuperare, dopo il rimbalzo di maggio, anche in giugno e luglio. Nonostante il dato congiunturale positivo, la variazione rispetto a un anno prima resta ancora molto negativa (-13,9% in luglio).
Nel secondo trimestre la produzione industriale è stimata in calo del 19,2% (-8,4% nel primo).
La domanda interna resta debole mentre sul fronte estero in luglio vi sono alcuni tenui segnali di miglioramento. La caduta del PIL nel secondo trimestre (-12,4%) non ha precedenti nelle serie storiche disponibili. E’ spiegata per circa un terzo dal calo del valore aggiunto industriale mentre è stato forte il contributo negativo dei servizi che rappresentano una quota elevata del PIL.
Bologna, 30 luglio 2020 – Le imprese manifatturiere dell’Emilia-Romagna registrano un calo importante dell’attività economica nei primi sei mesi del 2020, sia in termini di produzione sia di vendite sul mercato interno ed estero. Anche per quanto riguarda le prospettive da qui a fine anno le aziende confermano una forte incertezza del quadro economico.
Sono i risultati dell’indagine sugli effetti del Covid per l’industria manifatturiera realizzata da Confindustria Emilia-Romagna insieme alle Associazioni Industriali della regione. Da gennaio a giugno un’azienda su quattro ha subìto cali di fatturato superiore al 30%, con punte anche dell’80%, metà ha registrato cali di fatturato sino al 30%, solo un’impresa su cinque è riuscita a mantenere il fatturato in terreno positivo.
Anche le aspettative delle imprese per la seconda metà del 2020 sono molto caute: per un terzo il quadro rimarrà stazionario e continuerà ad essere caratterizzato da dinamiche difficili per produzione e ordini, un terzo ha aspettative di miglioramento e un terzo si aspetta un ulteriore peggioramento della situazione economica.
«Siamo ad un bivio, un momento delicato in cui non abbiamo margine di errore − dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari –. Un terzo delle imprese prevede un peggioramento della situazione: un dato preoccupante che avrà effetti negativi sulla crescita e sull’occupazione. Per contro la previsione di aziende in crescita e la dinamicità delle imprese che vediamo tutti i giorni sono il segno di un sistema che ha capacità di reazione e vede una possibilità di sviluppo. Ora è necessario fare un salto di qualità e affrontare con decisione le grandi riforme che il Paese aspetta da decenni. fisco, lavoro, giustizia civile, semplificazione. È un’occasione unica: abbiamo l’urgenza, la consapevolezza, le risorse per farlo. Altrimenti avremo un Paese più povero, meno competitivo, più indebitato e meno credibile a livello europeo».
Le traiettorie di sviluppo delineate da Confindustria Emilia-Romagna sono quelle verso cui tutti i Paesi avanzati stanno continuando ad accelerare: in primis innovazione digitale e sviluppo sostenibile. Le sfide da affrontare sono ambientali, demografiche e sociali e non possono essere scollegate da quelle economiche e del lavoro, come delineato dagli industriali nel Piano di proposte per la ripartenza e lo sviluppo dell’Emilia-Romagna presentato ad inizio luglio e collegato al Progetto Traiettoria 2030.
«Il Recovery Fund e la programmazione dei Fondi Strutturali Europei per i prossimi sette anni − sottolinea il Presidente Pietro Ferrari – diventano fondamentali. Il ruolo delle Regioni e delle imprese sarà centrale sia nella definizione degli obiettivi strategici sia nella capacità di spendere le risorse in modo efficace ed efficiente. Per questo puntiamo ad una gestione diretta del Recovery Fund da parte delle Regioni, con scelte condivise con le imprese e tempi certi e ragionevoli, come è avvenuto sino ad oggi in Emilia-Romagna con i Fondi Europei.
Oggi vorremmo, anche a livello regionale con il nuovo Patto per il lavoro e per il clima, che si discutesse di capitale umano, di formazione, di sostenibilità economica, sociale e ambientale, di quali obiettivi ci poniamo come Paese e come regione, di come sostenere ed accelerare gli investimenti pubblici e privati.
La crisi porterà certamente ristrutturazioni o effetti negativi sull’occupazione, non si può pensare il contrario. I livelli occupazionali delle imprese non possono essere scollegati dalla domanda, dal mercato o dalle prospettive di crescita. È come saremo capaci di gestire e accompagnare questi percorsi che farà la differenza.
Dovremo essere capaci − conclude il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna – di convergere su un modello di collaborazione tra imprese, Istituzioni e parti sociali, facendo un passo indietro nelle posizioni ideologiche per costruire una visione condivisa di medio lungo periodo. Non possiamo darci obiettivi al 2030 e ritrovarci a discutere senza la giusta prospettiva e visione».
In Italia, nonostante il rimbalzo, la risalita è incompleta e l’attività ancora compressa: la domanda interna è fredda, l’export in parziale risalita, il mercato del lavoro debole.
L’Eurozona è in recupero, gli spread sovrani in calo anche grazie alla nascita del Recovery Fund.
Molti mercati esteri sono ancora frenati dalla pandemia, il commercio mondiale resta difficile, con luci e ombre negli USA e la Cina in debole ripartenza.
Bologna, 23 luglio 2020 – “Per il rilancio dell’economia emiliano-romagnola – ha dichiarato il Vice Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Alessandro Curti, intervenuto oggi al webinar “L’Emilia-Romagna che riparte” organizzato da Il Sole 24 Ore – serve una strategia di medio e lungo termine che tenga insieme gli interventi di rilancio congiunturale e una visione strutturale di sostenibilità e competitività. Aumentare la diffusione dell’innovazione, specie ICT, accelerare sui processi di digitalizzazione industriale, rafforzare l’internazionalizzazione con strumenti innovativi, valorizzare la nostra attrattività, semplificare la burocrazia a tutti i livelli. Dobbiamo ripartire da qui e investire bene le risorse economiche che mai come oggi abbiamo a disposizione”.
Un confronto per un’auspicata ripartenza economica e le soluzioni che sono già disponibili per aziende e banche. Questi i principali temi al centro della nuova iniziativa, lanciata recentemente da SACE in collaborazione con le Confindustrie regionali, che ha riunito oggi in un webinar i rappresentanti della Regione Emilia-Romagna, delle Associazioni del sistema Confindustria Emilia-Romagna e i Direttori Territoriali delle banche attive nella regione. L’obiettivo è stato condividere le reciproche esperienze e individuare soluzioni concrete per far fronte al momento complesso che stanno affrontando le aziende e le loro filiere a causa degli impatti negativi del Covid-19 sulle attività economiche della regione.
Oltre a ciò, SACE ha presentato ai partecipanti i benefici di Garanzia Italia, lo strumento messo in campo con il Decreto “Liquidità” per sostenere le imprese italiane colpite dall’emergenza Covid-19.
“All’origine di quest’iniziativa – ha dichiarato Mario Bruni, Responsabile Mid Corporate di SACE – c’è la volontà, da parte di SACE, di confrontarsi con le banche, le aziende e le istituzioni con l’intento di poter avviare, assieme a tutti i partecipanti al ciclo di incontri, una collaborazione incentrata sulla definizione di strategie comuni utili ad affrontare la fase di ripartenza dell’economia italiana ed emiliano-romagnola. Proprio in questo contesto si inserisce l’importanza strategica di Garanzia Italia, uno strumento efficace per supportare le imprese di un territorio che, come l’Emilia- Romagna, è pronto a ripartire”.
“In questa fase la liquidità – ha sottolineato Alessandro Curti, Vice Presidente di Confindustria Emilia-Romagna – è uno dei temi fondamentali per le imprese: oggi le risorse stanziate sono molto rilevanti, anche se forse non sufficienti, e la garanzia dello Stato è un tassello fondamentale. Gli strumenti messi a disposizione delle imprese devono però essere fruibili in modo semplice e tempestivo, riducendo al minimo lo scarto temporale tra l’adozione delle norme primarie e la loro concreta operatività. Ora però dobbiamo porci il problema della sostenibilità del debito delle imprese e della loro patrimonializzazione. Dobbiamo inoltre sostenere la dimensione internazionale del sistema produttivo dell’Emilia-Romagna: per questo è importante rafforzare il modello di collaborazione tra Confindustria, il Gruppo SACE Simest e la Regione”.
Dopo l’appuntamento di oggi seguiranno i webinar per il Piemonte (16 luglio), il Friuli Venezia Giulia (20 luglio), il Lazio (22 luglio) e la Sicilia (28 luglio).
Confindustria Emilia-Romagna: Per rilanciare la crescita, sostenere gli investimenti e creare lavoro serve la capacità di programmare, progettare e spendere bene le risorse
Unioncamere Emilia-Romagna: Si prospetta una contrazione economica senza precedenti per intensità e impatto. Saranno lunghi i tempi per la ripartenza delle filiere produttive che richiederà un impegno straordinario
Intesa Sanpaolo: La pandemia ha avuto impatti evidenti anche sul mercato del credito, inducendo un aumento dei prestiti alle imprese e un rallentamento di quelli alle famiglie. In Emilia-Romagna oltre 75mila richieste di prestiti garantiti dal Fondo centrale per le PMI, per un importo di quasi 5 miliardi, di cui 1,3 miliardi per operazioni fino a 30mila euro
La pandemia e il fermo produttivo per le misure di contenimento del virus da Covid-19 porteranno a conseguenze molto pesanti. Al punto che la fase di contenuta recessione industriale registrata nel 2019 si sta progressivamente trasformando nella più profonda caduta della produzione mai sperimentata.
È quanto emerge dall’indagine congiunturale sul primo trimestre 2020 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo, che fotografa solo i primi tre mesi dell’anno in cui sono evidenti i segnali di drastico calo per produzione, fatturato e ordini. I dati sono indice di una tendenza già molto negativa destinata a essere fortemente accentuata nelle prossime rilevazioni.
Notevole il rallentamento della dinamica produttiva delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna che si riduce dello 10,4 per cento rispetto all’analogo periodo del 2019, trasformando il calo del trimestre precedente (-1,5 per cento), in un crollo.
Così è anche per il valore delle vendite (-10,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019), con una accelerata della tendenza negativa del trimestre precedente (-1,2 per cento), anche se con una perdita lievemente meno marcata della produzione. Il fatturato estero ha mostrato una migliore tenuta e ha contenuto la correzione (-4,8 per cento)
Uno spiraglio di luce si può cercare nei dati sul processo di acquisizione degli ordini, che ha subìto una flessione tendenziale del 9,5 per cento, rispetto alla perdita dell’1,3 per cento del trimestre precedente, ma la prospettiva di una ripresa dilazionata alla seconda parte dell’anno può essere intravista se si considera che la tendenza negativa ha un ritmo inferiore a fatturato e produzione. Anche gli ordini pervenuti dall’estero hanno subito una flessione (-4,6 per cento) lievemente più contenuta.
Il grado di utilizzo degli impianti testimonia gli effetti del lockdown sull’attività e si è attestato al 65,6 per cento, un dato nettamente inferiore rispetto al livello del 76,3 per cento riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è risultato pari a 8,3 settimane, un valore così contenuto non veniva rilevato dalla fine del 2014, con un chiaro calo rispetto al dato del trimestre precedente (10,2 settimane).
L’attività è in arretramento in tutti i settori. Anche l’industria alimentare ha fatto segnare un passo indietro, anche se contenuto: si riducono il fatturato (-2,8 per cento) pur con l’apporto della crescita del mercato estero (+2,5 per cento) e la produzione (-2,6 per cento),
La recessione è accentuata per il sistema moda che registra un crollo del fatturato (-17,9 per cento), anche estero (-9,0 per cento), solo più contenuto per la produzione (-16,6 per cento) e simile per gli ordini (-17,0 per cento), nonostante la maggiore resistenza della componente estera (-8,7 per cento). Per la piccola industria del legno e del mobile si accentua la discesa del fatturato (-15,7 per cento), e della produzione (-14,2 per cento).
In difficoltà anche l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche: il fatturato complessivo si è ridotto del 12,1 per cento, e la produzione ha seguito l’andamento negativo (-13,3 per cento). L’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, ha registrato una flessione del fatturato e della produzione (-10,4 per cento). Il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (chimica, farmaceutica, plastica e gomma, ceramica e vetro) testimonia la generale recessione, ma ha beneficiato della tenuta della componente estera. Il fatturato complessivo ha perso il 7,4 per cento, nonostante la resistenza di quello estero (-1,2 per cento), e si è registrato un arretramento della produzione (-8,9 per cento).
Riguardo alle classi dimensionali, la recessione è generalizzata, ma l’andamento è meno grave al crescere della dimensione aziendale per fatturato, ordini e produzione. Quest’ultima è scesa del 15,3 per cento per le imprese minori, mentre la caduta è più contenuta per le piccole imprese (-10,9 per cento) e ancora più ridotta per le imprese medio-grandi (-8,4 per cento).
Con riferimento ai dati diffusi dall’Istat, le esportazioni emiliano-romagnole sono risultate pari a poco più 15.188 milioni di euro e hanno fatto segnare una flessione del 2,2 per cento. È una brusca inversione di tendenza: nel primo trimestre 2019 infatti le esportazioni crescevano del 4,6 per cento. Il segno è rosso è generalizzato, con l’eccezione di alcuni settori che hanno invece ottenuto incrementi. Questo è accaduto per le “altre industrie manifatturiere” (+40,2 per cento), con un exploit (quasi 2,5 volte delle esportazioni) dell’industria del tabacco, che vale il 2,3 per cento dell’export regionale. Seguono industrie chimica, farmaceutica e delle materie plastiche (+ 9,7 per cento), trainate da un incremento del 41,8 per cento ottenuto dai prodotti farmaceutici, che si sono avvantaggiati della pandemia. Salgono le esportazioni dell’industria alimentare e delle bevande (+11,3 per cento), mentre tengono le vendite estere di ceramica e vetro (+0,9 per cento). In negativo gli altri comparti, con dinamiche differenti. Contenuta la flessione per l’export delle industrie della moda (-1,6 per cento), mentre sono i beni strumentali e intermedi ad avere risentito della pandemia e dell’incertezza. Per i mezzi di trasporto, calo del 9,8 per cento, appena superiore per l’industria della metallurgia e dei prodotti in metallo (- 9,7 per cento), ai macchinari e apparecchiature meccaniche (-9,4 per cento) e industria delle apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (-8,6 per cento).
Per quanto riguarda le destinazioni, l’Europa è il mercato fondamentale per l’export regionale e ne detta la tendenza. Le vendite sui mercati europei sono risultate pari al 66,2 per cento del totale e sono diminuite del 2,2 per cento. Le esportazioni verso la sola Unione europea a 27 hanno mostrato una tendenza più accentuata (-3,2 per cento). Flessioni in Germania (-3,3 per cento), Francia (-2,8 per cento) e Spagna (-1,8 per cento). Al di fuori dell’area dell’euro si registra una pesante caduta verso il Regno Unito (-11,7 per cento). Al di là dei confini dell’Unione europea, forte crescita invece verso Svizzera (+32,5 per cento), Turchia (+19,0 per cento) e buon andamento in Russia (+7,0 per cento).
Riscontro negativo in America centro-meridionale (-7,1 per cento), performance positiva in Canada (+10,6 per cento), Stati Uniti (+1,0 per cento) e Brasile (+3,2 per cento).
Calo sui mercati asiatici (-2,7 per cento), ma con notevoli differenze: molto bene in Medio Oriente (+1,4 per cento), crollo in Asia centrale (-21,5 per cento), riduzione in Asia orientale (-1,7 per cento), ma con tendenze fortemente discordanti: +50,1 per cento in Giappone, grazie all’industria del tabacco e -26,3 per cento in Cina. Infine, le esportazioni regionali perdono il 10,0 per cento in Africa e il 3,2 per cento in Oceania.
Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto ha chiuso il primo trimestre con un deciso passo indietro a quota 524.486 (-4,6 per cento), ovvero una perdita pari a oltre 25 mila unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso, interrompendo una precedente serie positiva in corso da otto trimestri. Nel periodo considerato, il risultato negativo è da attribuire all’ampio calo degli occupati alle dipendenze, che sono risultati oltre 472 mila con una riduzione del 5,4 per cento, pari a oltre 27 mila unità, nonostante l’aumento dell’occupazione autonoma, salita del 3,6 per cento fino a oltre 52 mila unità.
Sulla base dei dati del Registro delle imprese, nel primo trimestre del 2020, le attive dell’industria in senso stretto regionale, che costituiscono l’effettiva base imprenditoriale del settore, a fine marzo 43.831 (pari all’11,1 per cento delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 704 imprese (-1,6 per cento) rispetto all’anno precedente. La velocità della discesa è aumentata rispetto al -1,0 per cento del primo trimestre 2019 e fa segnare il nuovo massimo degli ultimi quattro anni.
«L’indagine, che mette a fuoco i primi effetti dell’impatto del Covid-19, evidenzia quella che sarà una contrazione economica senza precedenti. I dati sono molto pesanti. L’impatto della crisi, di intensità e rapidità straordinarie, determinerà la chiusura di molte imprese, con forti perdite per lavoro, redditi e consumi. – dichiara Alberto Zambianchi, Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna – A fronte di una situazione così difficile, la ripresa necessiterà di tempi lunghi. Consapevoli del proprio ruolo, le Camere di Commercio dell’Emilia-Romagna hanno intensificato il supporto alle imprese, con servizi di help desk, hanno promosso iniziative e garantito risorse importanti per oltre 25 milioni, quasi tutti erogati a fondo perduto, per fronteggiare i tempi straordinariamente difficili che ci attendono, e contribuire alla ripartenza delle nostre filiere produttive».
La pandemia ha avuto impatti anche sul credito bancario in Emilia-Romagna − secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo − che ha visto già da marzo i primi segni di un cambio di passo i cui contorni dovrebbero essere più definiti con i dati relativi ai mesi successivi. In sintesi, si è avuto un rallentamento della crescita dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese hanno invertito la tendenza, tornando a crescere. Su questi andamenti hanno influito il calo di domanda di prestiti da parte delle famiglie e, dal lato delle imprese, l’aumento del fabbisogno di liquidità. In senso positivo sugli stock agisce il minore flusso di rimborsi legato alle moratorie. Le banche, infatti, hanno da subito messo in atto interventi a supporto della liquidità di imprese e famiglie, come le moratorie e i plafond creditizi, a cui hanno fatto seguito le misure ex-lege, tra cui i crediti con garanzia pubblica.
A marzo, in Emilia-Romagna l’andamento dei prestiti alle imprese è tornato lievemente positivo, dopo il calo registrato nel 2019 (+0,2% a/a rispetto al -0,6% di fine 2019, variazioni corrette per le cartolarizzazioni). L’andamento resta differenziato per dimensione d’impresa, con i prestiti alle imprese medio-grandi in aumento dello 0,5% a/a e quelli alle piccole ancora in riduzione, del -1,5% a/a, sebbene più moderata rispetto al 2019. In termini di volumi, a marzo in Emilia-Romagna i prestiti sono aumentati in un mese di quasi 1.2 miliardi, dei 16 miliardi di flusso netto complessivo registrato a livello nazionale. Ad aprile, il flusso è stato ancora positivo, sebbene più modesto (+280 milioni circa m/m, sui 5,5 miliardi osservati a livello di mercato italiano). L’andamento risulta più moderato in Regione rispetto al trend nazionale, sia per le imprese medio-grandi, sia per le piccole. Si osserva che il rimbalzo di marzo ha interessato i prestiti all’industria, la cui dinamica annua è salita a +’0,2% a/a rispetto al -2,2% di fine 2019 (variazioni calcolate su volumi al netto delle sofferenze). Diversamente, i prestiti alle costruzioni hanno mostrato una stabilità del tasso di variazione, ancora negativo per -10,9% a/a dal -10,7% di dicembre 2019. Le rilevazioni di marzo e aprile non danno pienamente conto dell’impatto delle iniziative delle banche e delle misure governative a supporto della liquidità e del credito all’economia reale, la cui entità è aumentata nei mesi successivi. Dati più recenti, relativi alle operazioni garantite arrivate al Fondo centrale per le PMI mostrano che al 7 luglio l’Emilia-Romagna aveva espresso un totale di oltre 75mila operazioni per un importo finanziato di poco meno di 5 miliardi, di cui quasi 66 mila per prestiti fino a 30mila euro pari a un importo finanziato di 1,3 miliardi. Il 60% di queste operazioni si è originata in quattro province: Bologna con prestiti garantiti dal Fondo centrale per le PMI per quasi 1,1 miliardi, Modena con 870 milioni, Reggio Emilia e Parma con 585 e 560 milioni rispettivamente. Seguono, in base agli importi finanziati, Ravenna e Forlì Cesena con circa 470 milioni ciascuna, Piacenza con 353 milioni, Rimini con 326 e Ferrara con 244 milioni. Rispetto a due mesi prima, quando l’implementazione delle garanzie pubbliche era agli inizi, nelle cinque province col maggior numero di operazioni gli importi sono circa decuplicati. Un incremento di tale entità è evidente pressoché in tutta l’Emilia Romagna per i prestiti garantiti di taglio fino a 30mila euro.
Il lockdown ha impresso una frenata dei prestiti alle famiglie consumatrici, la cui crescita è scesa a +2,3% a/a a marzo dal 3,1% di fine 2019 (variazioni corrette per le cartolarizzazioni), in particolare per effetto della brusca caduta del credito al consumo. Anche i finanziamenti per acquisto abitazioni a marzo hanno registrato un rallentamento dello stock, a +2,9% a/a in Emilia-Romagna, dopo la ripresa osservata nell’ultima parte del 2019 fino al +3,2% a/a di dicembre (dati relativi ai prestiti escluse le sofferenze). La decelerazione è stata più moderata di quanto osservato a livello Italia (a +2,7% a/a dal 3,2% di fine 2019). Nel 1° trimestre, i flussi lordi di mutui residenziali hanno mostrato un calo contenuto a livello di Regione, pari a -0,6% a/a, risentendo del buon andamento registrato nei primi due mesi dell’anno dopo la notevole ripresa dell’ultima parte del 2019 (+9,8% a/a nel 4° trimestre 2019). Tale evoluzione dei flussi di mutui è coerente con l’andamento delle compravendite di immobili residenziali, che nel 1° trimestre sono diminuite del 12,6% a/a in Regione, solo poco meno del dato nazionale (-15,5%). Gli stock di mutui hanno rallentato, o al più si sono stabilizzati, in tutte le province, a partire dalla dinamica massima che spetta sempre a Bologna, scesa a +4,2% a/a dal 4,4% di fine 2019, seguita da Forlì-Cesena e Reggio Emilia circa stabili sul 3,6% a/a e 3,5% rispettivamente. Poco variate sono anche le dinamiche di Rimini (+2,9% da +3,0%) e Ferrara (+1,7% da +1,6%). Il rallentamento è stato più evidente in quattro province: a Piacenza, passata da +1,9% a/a a +1,1%; Parma da +2,7% a +2%; Ravenna, fermatasi a +0,4% a/a dal +1,1% di fine 2019 e Modena, la cui crescita resta però robusta, del +2,6% dal +3,1% di tre mesi prima.
Con riguardo alla qualità del credito, nel 1° trimestre 2020 il tasso di deterioramento dei prestiti si è stabilizzato sui minimi raggiunti a fine 2019, grazie al miglioramento proseguito in Regione per il sesto anno consecutivo. Il ritmo di emersione dei crediti deteriorati delle imprese si è fermato a 2,2% dopo essersi ridotto a tale livello nel 4° trimestre 2019 dal 2,8% del 3° trimestre. Per le famiglie consumatrici, il tasso di deterioramento dei prestiti è sceso a 0,7%, dallo 0,8% dei quattro trimestri del 2019. Anche gli stock di sofferenze sono risultati poco variati nella prima parte del 2020, dopo la notevole riduzione registrata anche nel 2019. In Emilia-Romagna le sofferenze delle imprese sono scese ad aprile al 7,3% del totale dei prestiti al lordo delle rettifiche di valore, che si confronta col 7,5% di fine 2019, ma è decisamente più basso dell’8,6% registrato nell’aprile dello scorso anno. L’incidenza delle sofferenze resta più bassa della media nazionale (7,6% ad aprile 2020). Tuttavia, a seguito della fase economica negativa causata dalla pandemia, è prevedibile in prospettiva un peggioramento della qualità del credito, sebbene mitigato, tra l’altro, dalle politiche di sostegno messe in atto a favore delle imprese e delle famiglie.
«In questa fase abbiamo il dovere di impegnare ogni risorsa per dare il massimo sostegno alle nostre imprese e consentire loro, superate le difficoltà, di ripartire. Il primo trimestre 2020 è stato inevitabilmente segnato dal dispiegarsi dei primi effetti della crisi da Covid-19 e delle misure conseguenti. In tale contesto il bisogno più impellente delle imprese è stato evidentemente quello della liquidità e come Intesa Sanpaolo siamo intervenuti unilateralmente sin da febbraio, ancor prima dei Decreti, poi con tutte le soluzioni previste dal Decreto Liquidità – spiega Cristina Balbo, Direttrice regionale Emilia-Romagna e Marche di Intesa Sanpaolo –. Allo scorso giugno le sospensioni di mutui e prestiti attivate in Emilia-Romagna, tra famiglie e imprese, erano oltre 25mila per un controvalore di oltre 2,8 miliardi di euro. Nei primi tre mesi dell’anno Intesa Sanpaolo ha erogato 410 di nuovo credito a medio-lungo termine, in crescita dell’8,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Oggi più che mai sono necessari strumenti facilmente accessibili, efficaci e immediati a disposizione del sistema produttivo. Anche il plafond da 10 miliardi che destiniamo al nostro Programma Filiere, che consente appunto alle piccole imprese di ottenere un migliore e più conveniente accesso al credito, è il segno tangibile della nostra fiducia nella ripresa compatta del sistema: in Emilia-Romagna ad oggi vi hanno aderito ben 95 aziende capofila con oltre 20mila dipendenti, 2.650 imprese fornitrici e un giro d’affari complessivo di 13,5 miliardi di euro».
«Siamo di fronte alla più pesante recessione economica dal dopoguerra – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari. Già prima del Covid-19 il nostro Paese era l’unico in Europa ad essere in recessione e a non avere ancora recuperato la perdita di Pil dalla crisi del 2008. Non possiamo perdere un minuto, dobbiamo programmare bene le risorse e liberare le energie positive di cui le nostre imprese sono capaci».
La recente indagine rapida del Centro Studi Confindustria stima per il secondo trimestre 2020 un calo dell’attività industriale a livello nazionale del 21,6%, in netto peggioramento rispetto all’andamento del primo trimestre (-8,4% sul quarto 2019), con un recupero più lento per le imprese orientate ai mercati internazionali. Ciò in ragione della tempistica nella diffusione del virus nel mondo: la domanda dei prodotti made in Italy si è interrotta o ridimensionata nei partner commerciali che stanno attraversando la fase acuta della pandemia, in particolare Stati Uniti e Sud America. Anche per quanto riguarda la domanda interna il recupero dovuto alla riapertura delle attività è rallentato dall’incertezza sui tempi di uscita dalla crisi sanitaria.
«Il rilancio dell’economia – conclude il Presidente Ferrari – parte dalla capacità di progettare e spendere bene le ingenti risorse che avremo a disposizione. Per questo auspichiamo che si trovi velocemente un accordo sul Recovery Fund e sul quadro finanziario europeo, in modo che Stati e Regioni possano programmare in tempi rapidi le politiche di sostegno ai territori. In questa fase alleggerire la burocrazia deve essere una delle principali priorità dei Governi a tutti i livelli: da qui le nostre proposte di semplificazione da attuare nell’immediato. Dobbiamo mettere a frutto tutte le opportunità che abbiamo davanti, senza pregiudizi e prese di posizioni ideologiche, utilizzando le risorse per promuovere la crescita, sostenere gli investimenti e creare lavoro».
I Finanziamenti agevolati per l’internazionalizzazione, gestiti da SIMEST a valere sul Fondo 394/81 per conto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, sono uno strumento importante a disposizione dell’impresa per compiere i primi passi alla scoperta di nuovi mercati esteri. Ottenibili già completamente online, a un tasso molto basso, sono stati resi ancor più attraenti da recenti interventi normativi in risposta alla crisi economica post COVID-19.
Sino alla fine del 2020 sono accessibili senza prestazione di garanzie, il ché rende disponibile le risorse per le imprese a 30-40 giorni dalla presentazione dell’istanza a SIMEST. Inoltre, una quota del finanziamento è a fondo perduto (attualmente il 40% ma entro l’estate sarà il 50%). Infine sono stati potenziati sia in termini di risorse a disposizione –a partire dal 7 luglio sono stati elevati gli importi richiedibili – sia di raggio d’azione – verrà a breve estesa l’operatività anche agli investimenti realizzati all’interno della UE, finora preclusi, verso i quali si dirige circa il 50% dell’export italiano.
Il ventaglio delle possibilità a disposizione è ampio, con risorse dedicate a coprire a 360 gradi tutte le diverse tipologie di spese che le aziende italiane affrontano per internazionalizzare il proprio business:
Patrimonializzazione. Per sostenere il livello di solidità patrimoniale delle imprese italiane che esportano all’estero e stimolare la competitività sui mercati internazionali. Importo massimo di €800 mila.
Partecipazione a Fiere, Mostre e Missioni di Sistema Per la partecipazione a fiere internazionali, mostre e missioni di sistema funzionali a promuovere il proprio business sui mercati internazionali. Importo massimo di €150mila.
Programmi di inserimento sui mercati esteri. Per la realizzazione di strutture commerciali, uffici o showroom in nuovi mercati di sviluppo, ampliando la propria presenza internazionale. Importo massimo di € 4 milioni.
Temporary Export Manager (TEM). Per l’inserimento temporaneo di una figura professionale specializzata nelle tematiche di export e internazionalizzazione, che possa sviluppare e potenziare il progetto di crescita internazionale. Importo massimo di € 150mila.
E-Commerce. Per accedere al mondo del commercio elettronico ed incrementare così le proprie vendite all’estero, sia direttamente con una piattaforma informatica di proprietà (importo massimo di € 450mila), sia indirettamente con l’adesione a marketplace forniti da soggetti terzi (importo massimo di € 300mila.
Studi di fattibilità. Per le spese di personale, viaggi e soggiorni necessari alla redazione di studi di fattibilità finalizzati a valutare l’opportunità di effettuare un investimento commerciale (importo massimo di € 200mila) o produttivo (importo massimo di €350mila) all’estero.
Programmi di assistenza tecnica. Per la formazione del personale in loco nelle iniziative di investimento all’estero (importo massimo 300mila).
SIMEST ha per mission il supporto alla crescita dimensionale e competitiva delle aziende italiane – soprattutto PMI – sui mercati mondiali. Con SACE costituisce il Polo dell’export e dell’internazionalizzazione del Gruppo CDP e sostiene le aziende nazionali nell’intero percorso di insediamento sui mercati esteri, con soluzioni tempestive e mirate a soddisfare le più diverse esigenze imprenditoriali. Per maggiori informazioni: www.simest.it
Ulteriore recupero della produzione in giugno (+3,9% su maggio), ma i livelli sono inferiori del 18,9% rispetto a un anno prima. Nel secondo trimestre attività in calo del 21,6%
Nei due mesi di rilevazione l’attività registra un recupero dai minimi toccati in aprile, seppure rispetto a un anno fa la diminuzione risulti ancora particolarmente profonda.
Nel secondo trimestre si accentua la caduta dell’attività (-21,6% dopo -8,4% nel primo).
La domanda resta debole, in particolare quella estera, sulla quale continua a pesare la diversa tempistica nella diffusione del virus nel resto del mondo (in questa fase risultano più penalizzate le esportazioni italiane in USA e Sud America).
SEMPLIFICAZIONE: PER FAVORIRE LA RIPARTENZA DELLE IMPRESE E DEL LAVORO CONFINDUSTRIA EMILIA-ROMAGNA E ANCE EMILIA-ROMAGNA
PROPONGONO INTERVENTI CONCRETI E IMMEDIATI. “NON SERVONO NUOVE LEGGI, SERVE TAGLIARE ED ABROGARE”
Bologna, 26 giugno 2020 – La difficile situazione economica dovuta agli effetti del Covid-19 ha reso necessario ed urgente intervenire a tutti i livelli con una decisa semplificazione amministrativa per agevolare l’attività delle imprese e favorire il rilancio dell’economia e del lavoro.
In questa fase l’obiettivo di alleggerire gli adempimenti e gli oneri burocratici per cittadini ed imprese è ritenuto prioritario sia dal Governo, che ha in agenda un decreto dedicato alla semplificazione, sia dalla Regione Emilia-Romagna, che sta definendo un pacchetto di provvedimenti in attuazione del programma di mandato presentato dal Presidente Bonaccini.
Confindustria Emilia-Romagna, le Associazioni territoriali, Confindustria Ceramica ed Ance Emilia-Romagna hanno raccolto dalle imprese una serie di specifici adempimenti e normative da modificare o abrogare: si tratta di interventi di competenza della Regione ma anche di livello nazionale ed europeo.
«Abbiamo deciso un approccio molto concreto – sottolinea il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – per intervenire in modo diretto con soluzioni che possano avere una ricaduta immediata sulle imprese. Negli anni l’apparato burocratico si è talmente stratificato che, invece di proporre nuove norme, abbiamo preferito individuare interventi circoscritti, immediatamente operativi e utili per semplificare la vita delle imprese. In sintesi, dobbiamo togliere e non aggiungere, non serve fare una legge di semplificazione per semplificare. La semplificazione deve essere la priorità trasversale dell’azione del Governo regionale e tratto qualificante del prossimo Patto per il lavoro e il clima. Siamo di fronte alla più dura recessione economica dal dopoguerra: la possibilità di una ripresa sostenuta dell’economia e dell’occupazione passa dalla capacità di rilanciare tutto il potenziale di crescita dell’economia, liberando le energie positive di cui le imprese ed il territorio sono così ricche».
«Nel settore dell’edilizia ci sono norme obsolete che di fatto impediscono la rigenerazione urbana: norme di 50 anni fa pensate per le città in espansione, che non si conciliano con le esigenze di regolazione dello sviluppo urbano moderno e con le esigenze di limitare il consumo di suolo – aggiunge il Presidente di Ance Emilia-Romagna Stefano Betti – Riconoscere l‘interesse pubblico agli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana sarebbe il primo passo da compiere. Sul fronte delle opere pubbliche, serve un unico Prezziario regionale cogente per tutti gli appalti pubblici, da Piacenza a Rimini».
Gli ambiti tematici su cui intervenire rappresentano da un lato aree strategiche come innovazione, internazionalizzazione, formazione, digitalizzazione, ambiente, dall’altro settori fondamentali per il rilancio economico come l’edilizia e costruzioni. Ogni proposta individua il livello di competenza, la fonte normativa da modificare e l’organo competente.
Attraverso la digitalizzazione è possibile attuare immediate semplificazioni, dalla possibilità di rendere strutturale la raccolta della documentazione aziendale firmata digitalmente sino all’effettiva condivisione di tutti i documenti da parte delle amministrazioni pubbliche.
La formazione, l’innovazione e l’internazionalizzazione sono driver fondamentali per il rilancio dell’economia sui quali la Regione ha una forte leva di intervento. In questi ambiti le imprese devono poter contare su strumenti di sostegno sempre più fruibili. Le proposte riguardano la semplificazione delle procedure di accesso, la riduzione dei tempi di istruttoria e finanziamento dei bandi, un maggiore utilizzo dei cosiddetti bandi “a sportello”.
Anche l’ambiente e l’edilizia, ambiti di intervento di stretta competenza regionale, possono assumere un ruolo centrale per lo stimolo degli investimenti. Sull’ambiente le proposte, volte a preservare la tutela ambientale, sono molteplici: l’estensione a tutti i settori delle semplificazioni per le imprese in regime di “AIA-Autorizzazione Integrata Ambientale” previste ad oggi solo per gli impianti ceramici; la semplificazione delle autorizzazioni per recuperare e riqualificare le aree delle ex cave; l’accelerazione dei tempi procedurali per le imprese in possesso di certificazioni ambientali, così anche da incentivare le aziende ad ottenere la registrazione EMAS e ISO 14001.
Nel settore dell’edilizia gli interventi praticabili in tempi celeri sono numerosi. In particolare, in questo campo i soggetti deputati ad autorizzare un intervento sono molteplici, con un inevitabile allungamento di tempi ed aumento di costi. Occorre unificare gli Sportelli Unici Edilizia e Sportelli Unici Attività Produttive, semplificare i cambi di destinazione d’uso, garantire la possibilità di utilizzo immediato dei bonus casa, ecobonus e sismabonus.
In conclusione, il riferimento costante delle proposte di Confindustria Emilia-Romagna e Ance Emilia-Romagna è quello di portare a sintesi due esigenze fondamentali per lo sviluppo dell’Emilia-Romagna: l’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico e produttivo con quello di garantire la sostenibilità ambientale e offrire nuove opportunità di investimenti e di lavoro, in un quadro di vera collaborazione e responsabilità condivisa con le Istituzioni.